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Dopo il voto su Orban, è il momento dell’autocritica per il Ppe. Parla Massimiliano Salini

viktor orban ppe

La vicenda del voto del Parlamento europeo contro il governo ungherese sembra essere piena di contraddizioni, sul piano giuridico e anche su quello politico. Gli effetti del caso si sono già verificati all’interno del Partito Popolare Europeo. Tuttavia, lo scontro lascia anche aperta un’opportunità, quella di rinnovare valori ed equilibri della formazione politica.

In una conversazione con Formiche.net, l’europarlamentare di Forza Italia e membro del Partito Popolare Europeo, Massimiliano Salini, ha detto che la discussione sul caso contro il presidente Viktor Orban è stata, purtroppo, molto divisiva: “Questo esito negativo porterà ad una doverosa autocritica da parte del Ppe. Credo che sia ancora possibile impedire l’uscita del partito Fidesz (Unione civica) di Orban dal Ppe”. Salini sottolinea che c’è un enorme disagio, non solo all’interno della delegazione italiana, ma anche la capacità di dare una nuova lettura e ridimensionare il partito. “Se non c’è l’autocritica, il destino del Ppe sarà inesorabilmente quello di diventare sempre più fragile – ha aggiunto l’europarlamentare – con il conseguente poco consenso elettorale. Confido che la discussione porterà a nuovi equilibri”.

Una nuova fase di autocritica e ridimensionamento che potrebbe essere guidata dal leader Antonio Tajani, secondo Salini: “La scelta del presidente, popolare e italiano, è stata raggiunta per la prima volta senza i socialisti, con popolari, conservatori e liberali. È lì la chiave”.

Salini ha votato contro l’iniziativa di Judith Sargentini per avviare la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato in caso di violazione dei diritti fondamentali come democrazia, Stato di diritto e diritti umani. Secondo lui, è infondato dal punto di vista giuridico e – in caso di procedere – non si capisce il perché sia stato convalidato per l’Ungheria e non per Malta, Slovacchia e Romania. “Il voto arriva dopo un lungo periodo di discussione con il governo Orban – ricorda Salini -, nel quale siamo riusciti a negoziare, positivamente, accordi per la revisione di norme sulla giustizia e la stampa, ad esempio. L’unico punto di distanza con l’Ue era relativo alla definizione di confini europeo e la modalità di difesa. E questo non riguarda solo l’Ungheria, ma anche l’Italia. È un disagio che in tanti provano”.

In quanto alle elezioni europee del 2019, Salini crede che cercheranno di sfruttare il caso in campagna elettorale, ma senza successo: “Orban ha rivendicato la propria appartenenza al Ppe. Con una concezione cristiana, liberale ed europea, il che lo rende portatore della tradizione più alta del partito. Non si è prestato alle stranezze dei cosiddetti ‘partiti sovranisti’ […] I suoi ragionamenti sono chiari”. La gestione di Orban dovrà correggere alcuni aspetti. Il Ppe, invece, dovrà fare fronte ad un problema di coerenza.

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