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La Russia è sempre più cinese e l’Eurasia cresce. Ecco come

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha accettato l’invito del suo omologo cinese, Xi Jinping, a partecipare al secondo summit internazionale dell’iniziativa One Belt, One Road (Obor) che si terrà nel 2019. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi.

“Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese ha invitato Putin a visitare la Cina il prossimo anno per partecipare al secondo vertice del ‘One Belt, One Road’, un’iniziativa di cooperazione internazionale. Il presidente russo ha immediatamente accettato l’invito con piacere” ha detto Wang, citato in un classico, formale e pomposo comunicato del ministero degli Esteri cinese.

L’annuncio arriva dopo un incontro molto intenso dal punto di vista comunicativo che Xi e Putin hanno avuto a margine delle plenaria del forum economico EEF che si è tenuto a Vladivostok, Russia orientale, a pochi chilometri dal confine cinese, porto nevralgico affacciato sul Mar del Giappone, là dove il territorio russo si fonde con quello nordcoreano.

La partecipazione russa al prossimo summit Obor allineerà i due paesi Brics anche sul piano economico-commerciale della grande iniziativa geopolitica con cui Xi intende collegare la Cina all’Europa. Le nostre relazioni sono basate sulla fiducia, in settori che vanno dalla politica, alla sicurezza e alla difesa, ha detto Putin.

Xi – per la prima volta all’evento di Vladivostok – definisce la partnership con la Russia come il miglior meccanismo per “neutralizzare congiuntamente i rischi e le sfide esterne”, e guarda alla guerra a rallentatore che gli Stati Uniti stanno muovendo contro la Cina, partendo dallo scontro sul piano commerciale. Per Putin “le nostre relazioni sono cruciali, non solo per i nostri Paesi, ma anche per il mondo”.

Ai blinis preparati dai due presidenti sotto l’occhio attento delle telecamere mondiali a Vladivostok, in questi stessi giorni si abbina la grande esercitazione Vostok 18, dove i cinesi sono stati ospitati per la prima volta nelle storia in manovre congiunte che si svolgono in Siberia, lungo il confine mongolo.

Siparietto programmatico da Vladivostok: mentre i due presidenti giravano per un mercatino alimentare appositamente tirato a lucido, Xi ha voluto acquistare una bottiglia di sbiten (una bevanda fatta con acqua, miele e spezie). Al momento di pagare il cinese ha detto di non aver nemmeno un rublo in tasca, e allora il presidente russo ha risposto che glieli avrebbe prestati lui, aspettandosi di essere rimborsato in yuan. Putin e Xi hanno parlato anche di incrementare gli scambi bilaterali in yuan e rubli, aggirando il dollaro. Nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo economico russo, Maksim Oreshkin, ha consigliato ai concittadini di vendere dollari americani e comprare rubli: ora la moneta russa soffre, colpita anche dalle voci su nuove devastanti sanzioni che l’America potrebbe alzare nei prossimi mesi.

La joint venture culinaria di Vladivostok ha segnato l’intensificazione della partnership russo-cinese, step segnato all’interno di un contesto in cui da anni si disegna la road map sul futuro dell’Eurasia, termine coniato da Reuschle nel 1868 per indicare la saldatura geografica tra i due continenti, che con la Silk Road Economic Belt, la tratta terrestre della Nuova Via della Seta (o Obor), prende forma attraverso gli enormi investimenti infrastrutturali cinesi.

L’obiettivo russo, che non dispiace alla Cina, è costruire la più grande partnership eurasiatica possibile, in cui le traiettorie dell’Obor convergano con gli interessi dell’Eurasian Economic Union (EAEU), la Shanghai Cooperation Organization (SCO) e l’Asean: al centro di questa visione si trova la partnership strategica Russia-Cina, che dovrebbe intestarsi la leadership di questo gigantesco progetto geopolitico.

Al forum di Vladivostok l’argomento è stato affrontato pure con ottica accademica – ma finalità di policy – dal direttore del Valdai Discussion Club, Fyodor Lukyanov, e Lanxin Xiang, il presidente del Centre of One Belt and One Road Studies del China National Institute: due personaggi chiave per dare dimensione e respiro culturale a queste iniziative.

Le discussioni dell’Eastern economic forum costruito dai russi nella sua più nevralgica città orientale hanno incluso, tra le varie cose, l’integrazione di quella fetta di territorio russo, l’Estremo Oriente, nelle catene logistiche eurasiane; il collegamento russo con le Coree – con l’obiettivo di costruire una ferrovia trans-coreana collegata alla Transiberiana e una “Pipelineistan” come diramazione verso la Corea del Sud attraverso la Cina, con cui Mosca condivide la visione del “doppio congelamento” per risolvere la crisi nordcoreana e riqualificare Pyongyang – e l’integrazione della Russia nel sistema dell’Asean, l’Associazioni delle nazioni del Sudest asiatico, al cui vertice Putin e Xi avevano già avuto incontri bilaterali essenzialmente focalizzati verso l’integrazione geoeconomica tra Russia, Cina, Giappone, Vietnam e Coree.

È la “Grande Eurasia” che prende forma: qui sta il nucleo dell’intesa Russia-Cina, che porta a quello che lo scienziato politico Sergey Karaganov ha definito “uno spazio comune per la cooperazione economica, logistica e informativa, la pace e la sicurezza da Shanghai a Lisbona e da Nuova Delhi a Murmansk”, spiega l’Asia Times.

 


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