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Non dite ai putinisti italiani che lo Zar in Russia perde consensi

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Lo scorso weekend i candidati del Partito liberal democratico russo (Ldpr) hanno vinto elezioni locali a Chabarovsk e a Vladimir, battendo con ampi margini i candidati di Russia Unita, che altrove potremmo definire il partito di governo, ma in Russia rende meglio l’idea chiamarlo il partito di Vladimir Putin. Nel frattempo, in Khakasia, regione siberiana, il governatore in carica ha lasciato l’ufficio in anticipo dopo aver mancato la riconferma al primo turno.

Le sconfitte elettorali dei putiniani, apertamente sostenuti dal Cremlino in entrambi i casi, non sono tanto significative di per sé (Russia Unita ha vinto quasi tutte le competizioni regionali, sebbene abbia affrontato una concorrenza più forte), ma rappresentano un clima. Nonostante in Italia ci sia chi, come il vicepremier Matteo Salvini, crea imbarazzi diplomatici a Roma per l’aperto innamoramento verso Putin (vedere il caso delle ultime uscite su Ucraina e Crimea, raccontato da Francesco Bechis su queste colonne attraverso lo sconvolgimento creato dalle parole del ministro dell’Interno italiano tra le ambasciate), il consenso dello Zar in patria sembra indebolirsi.

La riforma pensionistica, che mette le mani in tasca ai russi in questa lunga fase in cui l’economia stenta a crescere, si porta dietro proteste quasi giornaliere – domenica scorsa, sono stati gli attivisti del Partito comunista russo a portare per strada a Mosca circa tremila persone. L’indebolimento della rete di sicurezza sociale è stato lo sbocco per le manifestazioni delle frustrazioni pubbliche. Putin potrebbe aver avviato il suo declino, perdendo quello che in un saggio per il numero di agosto di Foreign Affairs, Andrei Kolesnikov (direttore del Russian Domestic Politics Program al Carnegie Endowment di Mosca) definiva “l’involucro di invulnerabilità”.

I dati sono chiari: l’istituto Levada, centro di ricerche sociologiche indipendente, segna a luglio 2018 un’approvazione del presidente russo intorno al 67 per cento. Valore altissimo, comunque – per confronto, il leader della principale democrazia occidentale, Donald Trump, viaggia sotto il 40, in Italia il putinista Salvini sta, secondo freschissime rivelazioni, al 51 per cento e molto grazie alla linea dura anti-immigrazione gentista). Ma se confrontato con i dati della rivelazione di aprile, 82 per cento, e maggio 79, l’ultimo approval di Putin indica un calo di circa 15 punti percentuali subito dal presidente Russo.

Altri dati di Levada mostrano che il grado di fiducia del presidente è diminuito dal 60 per cento di gennaio 2018 al 48 di giugno. E pure alcuni dei funzionari più popolari del Cremlino, circolo putiniano strettissimo, hanno assistito a simili ribassi: durante lo stesso periodo di sei mesi, il grado di fiducia del ministro della Difesa, Sergei Shoigu, è diminuito dal 31 al 19 per cento; e il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, è scivolato dal 25 al ​​14. Tonfi significativi, perché Shoigu e Lavrov sono i due simboli dell’azione aggressiva con cui Putin proietta (in maniera avventuristica) la Russia nel mondo, dall’Ucraina alla Siria, ai coinvolgimenti nei dossier internazionali su cui Mosca si posiziona in modo ibrido, tra diplomazia, politica, interferenza e armi.

In Russia, c’è stata, spiegava Foreign Affairs, una “violazione di un contratto sociale non scritto”, quello in cui “il governo preserva la cosiddetta stabilità, mantiene modesti benefici sociali e promuove sentimenti di orgoglio nazionale in cambio del sostegno politico del pubblico e dell’indifferenza verso la corruzione diffusa nella parte superiore della piramide politica”.

Per il momento non è niente di trascendentale, d’altronde anche il predecessore di Putin, Boris Yeltsin, ha tenuto il potere con un consenso piuttosto basso, però, secondo l’analisi di Kolesnikov, la situazione potrebbe portare il Cremlino a qualche colpo di scena per togliere concentrazione dalle magagne.

Secondo un’analisi di Stratfor, quello che è successo alle amministrative può significare che “Putin e il partito al governo hanno ancora uno stretto controllo sul sistema politico russo, ma non sono impermeabili al dissenso. Mentre Putin cerca di stabilizzare le finanze del paese, devastato da anni di recessione, dovrà anche tener conto di considerazioni politiche a più breve termine. Prima dei voti regionali, infatti, il presidente annunciava piani per modificare la riforma delle pensioni nel tentativo di calmare gli elettori. Potrebbero essere necessari ulteriori aggiustamenti per Putin per arginare i crescenti disordini in Russia, ma saranno un costo per il Cremlino”.

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