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Salvini ha il doppio forno ma non può dirlo. La delusione di Atreju

Un cordone di volontari e guardie del corpo cerca di contenere le incursioni delle vecchiette con gli occhi lucidi e la voce roca alla ricerca di un selfie. Matteo Salvini fa il suo ingresso ad Atreju, la convention annuale di Fratelli d’Italia, ed è un tripudio. Standing ovation nella Sala Carlo Magno da parte dei militanti. La destra italiana accoglie il ministro dell’Interno con tutti gli onori. Arriva in veste di vicepremier di un governo condiviso con un partner, i Cinque Stelle, che ai sovranisti nostrani non piace neanche un po’. Ma è anche uno dei triumviri della coalizione di centrodestra, che si sono guardati in faccia in un recente pranzo a palazzo Grazioli. O almeno lo è sulla carta. Al popolo di Atreju Salvini si rivolge soppesando con attenzione ogni parola. Migranti, magistratura, famiglia tradizionale gli argomenti che più infiammano la platea. Su Autostrade, reddito di cittadinanza, alleanza con il M5S gli applausi si affievoliscono fino a sparire.

CENTRODESTRA CONGELATO…A TEMPO INDETERMINATO

L’interlocutore scelto per Salvini è uno dei più tosti sulla piazza: Enrico Mentana. Che infatti intervistandolo per più di un’ora ha costretto il leader leghista a uno slalom continuo. Non senza farlo inciampare. “Ma insomma, cosa dice a questa platea, il centrodestra torna insieme ovunque o rimane con i Cinque Stelle?” gli chiede il direttore del Tg La7. “Hai mai visto il presidente del Consiglio in carica che si augura che finisca il governo?” – ha risposto Salvini con un lapsus (è il vicepremier, ndr) che non è passato inosservato – “Quella con il Movimento 5 Stelle è un’alleanza composita, un po’ bizzarra, ma deve durare cinque anni, perché tanti italiani hanno ritrovato orgoglio nel futuro e quando io firmo un impegno do il sangue per arrivare fino alla fine. Se dipendesse da Matteo Salvini questo governo andrà avanti finché ogni punto del contratto sarà stato esaudito”. Il messaggio è chiaro: per ora il centrodestra esiste solo nelle regioni e nelle amministrazioni locali. “Cosa volevate che dicesse, non poteva dire altro” scherza Guido Crosetto all’uscita – “il vero punto di arrivo saranno le elezioni europee, dopo si vedrà”. La vera (e inaspettata) stoccata arriva però verso i forzisti. Più precisamente, a incassarla è il fondatore di FI Silvio Berlusconi. “Lei voleva fare entrare nel governo il resto del centrodestra?” chiede Mentana a Salvini. “Poteva essere allargato a Fratelli d’Italia, ma a Forza Italia no” – risponde secco il ministro – “perché con Giorgia Meloni e FdI abbiamo condiviso battaglie e valori. Io mi ricordo la battaglia di Roma che abbiamo combattuto in due contro tutto e tutti..”

LA LUNA DI MIELE CHE NON PIACE ALLA DESTRA

Il ministro delude i presenti quando difende a spada tratta Luigi Di Maio, che all’entrata di Atreju viene sbeffeggiato in una vignetta formato reale in cui il leader grillino misura la percentuale d’acqua nel corpo umano: “Ho trovato Luigi Di Maio una persona di parola, onesta, concreta”. Parole docili anche per il collega Danilo Toninelli: “ci ho lavorato bene, mi ha sostenuto nelle battaglie per limitare gli sbarchi”. Sulla revoca della concessione ad Autostrade Salvini non usa mezzi termini: “Sarà nominato un commissario con cui ci assumeremo la scelta del progetto migliore al prezzo minore, chi ha 42 morti sulla coscienza deve pagare caro fino in fondo e fino all’ultimo, bisogna fare in fretta”.

Punzecchia il presidente della Camera Roberto Fico (“siamo nelle sua mani”) e per sviare dai temi scomodi spara sulla Croce Rossa targata Pd: le cene (annullate) di Carlo Calenda, l’autorottamazione di Matteo Renzi, gli auspici funebri di Matteo Orfini. Se poi si parla della crociata dei dem contro il ritorno del fascismo, il successo è assicurato: “Per tre mesi hanno detto che il problema era il fascismo, hanno fatto le marce ma questi fascisti non li hanno ancora trovati”, e partono gli applausi. La lotta agli sbarchi incontrollati e gli avvisi di garanzia al Viminale si confermano cavalli di battaglia.

L’INCIAMPO SU REDDITO DI CITTADINANZA E ORBAN

Il passo più difficile è far digerire ai sovranisti il reddito di cittadinanza. “Ho chiesto che fosse limitato, verificato, legato a proposte di lavoro che devi accettare, altrimenti diventa un reddito di divananza” spiega a Mentana Salvini, senza peraltro convincere i meloniani all’ascolto. Un altro momento di crisi arriva quando il direttore del Tg La7  chiede al leader leghista cosa intende fare qualora Conte voti le sanzioni Ue al governo ungherese di Viktor Orban, confermando il voto europeo pentastellato e smentendo il Carroccio. Salvini prima svicola (“L’Europa non dovrebbe rompere le p**** a un governo democraticamente eletto), poi si sbilancia: “la nostra regola è che se qualcuno non è d’accordo non si fa, quindi le sanzioni all’Ungheria non avranno il sostegno del governo”. Per le europee, aggiunge, il fronte sovranista del The Movement di Steve Bannon è disposto a stipulare un’alleanza post-voto con i popolari, “magari più i popolari alla Orban che non alla Juncker…”.

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