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Salvini, il governo e l’immigrazione. La fatica di capire il gioco delle tre carte

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“Se ci fosse il fascismo i treni arriverebbero in orario”. La battuta è ottima se è pronunciata da Pier Luigi Bersani dopo aver visto, durante un’intervista a In Onda, il filmato delle due ali di folla impazzita che applaudiva Matteo Salvini all’arrivo a Viterbo per la Macchina di Santa Rosa, tradizionale festa in onore della patrona. Una sfilata che, forse, ha sorpreso anche il ministro dell’Interno. Non l’avevano confuso con Santa Rosa, era sincero entusiasmo anche superiore a quello dei tifosi milanisti (come Salvini) per l’arrivo di Gonzalo Higuain. Allora ci sono due possibilità: i giornalisti non capiscono più niente oppure la gente è totalmente ubriaca. La prima opzione non è da scartare.

La Lega ha vinto le elezioni perché ha promesso l’espulsione di 500mila immigrati irregolari, Giancarlo Giorgetti ha ammesso alla festa del Fatto quotidiano che il suo leader l’aveva sparata grossa aggiungendo che si accontenterebbe se non ne arrivassero più e ci tenessimo i 500mila. Salvini, ai tg del 4 settembre, ha poi specificato che “risolto il problema immigrazione in buona parte, ci dedichiamo all’economia”, e come sintesi del tutto viene accolto trionfalmente a Viterbo, metafora dell’Italia. Quindi il messaggio agli elettori è: abbiamo risolto il problema e ci teniamo tutti gli irregolari. Il mondo capovolto rispetto alla vigilia delle elezioni.

Nella nota di Palazzo Chigi dopo il vertice del 4 settembre si è ribadito, con molta più chiarezza di quanto non si spieghi ai cittadini, che la priorità dell’Italia è ottenere nel bilancio dell’Ue più fondi per aiutare lo sviluppo dei Paesi di provenienza in modo da ridurre le partenze e che l’Italia si sta battendo per rendere più efficaci gli accordi bilaterali di rimpatrio. Partendo dal calo degli sbarchi, con un meno 79,8 rispetto all’anno scorso e in particolare un meno 86,9 dalla Libia, il ministro dell’Interno ha aggiunto che “ora vogliamo moltiplicare le espulsioni. Dalle parole ai fatti”. Nella situazione attuale, con accordi che non ci sono o che non funzionano e con le imprevedibili prospettive libiche, è una frase da pura campagna elettorale.

Il vertice europeo del 20 settembre potrebbe essere decisivo anche su questo fronte e se non ci saranno novità concrete, che oggi sembrano difficili, i fatti diventeranno impossibili e le tensioni sociali sull’immigrazione potrebbero tornare al centro del dibattito considerando anche le numerose consultazioni amministrative previste prima delle elezioni europee. Molti pensano che il problema immigrazione sia stato tutt’altro che risolto e, in attesa dell’annunciato decreto sicurezza, c’è la sensazione di una maionese impazzita. Ma, come dicevamo, è probabile che i giornalisti non capiscano più niente.

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