“Credo che tra poco non ci sarà più il problema di convincere su azioni future, perché presto ci saranno le azioni”, e poi: “Io vedo in questo mantenimento del rating, come è stato per il rinvio del giudizio da parte di Moody’s, che le agenzie di rating stanno aspettando le azioni del governo”. Parole ineccepibili quelle del ministro Tria, che così commenta dalla Cina le notizie delle ultime ore, a cominciare dalla decisone dell’agenzia Fitch di mantenere il rating Bbb per l’Italia (quindi senza alcun declassamento) spostando però in campo “negativo” l’outlook, che invece era “stabile”.
È quindi ben chiaro al più rilevante membro del governo in materia economica che si deve fare presto e bene, onde evitare che l’apertura di credito (perché di tale gesto si tratta, Fitch avrebbe potuto esprimere un giudizio assai più severo) venga vanificata da condotte di governo scellerate.
Con lunedì si entra dunque nella fase decisiva, quella della manovra di governo e delle decisioni importanti sui dossier economici. Vogliamo allora provare un esercizio un po’ ambizioso o forse sconsiderato, ma probabilmente utile a fare chiarezza.
Proviamo cioè a mettere in fila le dieci determinazioni più importanti che il governo deve (o può) prendere entro ottobre, indicando chiaramente quella che ci pare la scelta opportuna. Un “decalogo”, che offriamo al ministro Tria, al governo nel suo insieme e più in generale al dibattito politico ed economico.
1- Flat Tax. È asse portante del programma di governo. Quindi deve essere introdotta (magari in più esercizi) ma a due condizioni: mantenere saldamente in vigore il principio di progressività del nostro sistema fiscale e evitare di proporre a copertura poste di bilancio velleitarie. Quindi sarà una lotta durissima con la calcolatrice, deve essere chiaro sin d’ora;
2- Reddito di cittadinanza. Anch’esso è punto qualificante del contratto Lega-M5S. Ma sarebbe follia farlo diventare uno strumento capace di radere al suolo ogni contratto di lavoro intorno ai mille euro (con relativi contributi versati). Quindi deve essere studiato in modo tale da riguardare chi realmente non riesce ad arrivare a fine mese, con forte spinta al rientro nel mercato del lavoro appena possibile e controlli capillari e frequenti;
3- Revisione della Legge Fornero. Sarebbe pura follia cancellarla e basta. Se ne faccia una ragione anche il ministro Salvini. Occorre correggere i punti che hanno creato sofferenza ed emarginazione sociale, ma pensare di fare di più è sbagliato e, probabilmente, impossibile;
4- Iva. Non sarebbe un tragedia far crescere su alcuni prodotti il carico fiscale di questo tipo. Spostare il peso dalle imposte dirette a quelle indirette è buona cosa. Con accurato uso del bisturi si potrebbe fare un buon lavoro capace di liberare risorse;
5- Investimenti pubblici e privati. Può essere la grande novità della manovra. Tria e Savona si chiudano in conclave con i loro collaboratori e portino alla luce un progetto innovativo ma fattibile, perché di libri dei sogni ne abbiamo visti già troppi in passato;
6- Nazionalizzazioni, revisione concessioni e crollo del ponte Morandi a Genova. È tempo di abbandonare posizioni ideologiche e buone solo per un tweet di successo. Lo Stato controlla, le imprese agiscono. Se lo Stato fa bene la sua parte le imprese guadagnano il giusto e la nazione ottiene servizi efficienti a prezzo equo. Si dunque alla revisione delle concessioni squilibrate ma no, mille volte no, a nazionalizzazioni insensate e demagogiche. Dare a Genova un nuovo ponte entro fine dicembre 2019 deve essere priorità del governo;
7- Ilva. Si chiuda al più presto trattativa con ArcelorMittal in senso positivo, facendo il meglio sotto il profilo ambientale e occupazionale. Ogni ipotesi di cancellazione della gara è priva di senso, ostinarsi (come fa Di Maio) è già da tempo diventato stucchevole. Oggi a Taranto si producono 4-5 milioni di tonnellate d’acciaio l’anno, ma se ne potrebbe fare oltre il doppio. Perdere altro tempo è semplicemente un atto demenziale;
8- Tap. L’Italia dica “si” al progetto senza ulteriori pantomime. Serve al nostro Paese, all’Europa tutta e alle nostre relazioni internazionali (anche a quella con gli Stati Uniti, che ci stanno aiutando non poco). Invece di palleggiarsi responsabilità a puro titolo di esercizio retorico si apra un tavolo robusto per dare al territorio tutti gli aiuti del caso, spiegando che l’opera genera occasioni di lavoro senza fare troppi danni all’ambiente;
9- Tav. Tornare indietro è follia pura. Però l’opera può essere rivista nei costi e nelle ambizioni (stazione di Susa, tanto per fare un esempio). Si passi a una “fase 2”. Non è impresa impossibile;
10- Alitalia. Lo Stato imprenditore ha già fallito più volte. Non è quella la strada. Si trovi un partner internazionale con una quota del capitale in mano italiana e pubblica. Anche perché deve essere a tutti chiaro un punto: allo stato attuale i posti di lavoro in esubero sono pagati con le tasse degli italiani. Il che, sinceramente, non ha alcun senso.
Siamo convinti che tutto ciò si può fare, pagando qualche prezzo politico ma incassando dividendi in ogni direzione. Il mondo ci guarderebbe con una certa ammirazione, questo è poco ma sicuro.