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Tria non dà i numeri ma spiega come si governa. Ecco cosa ha detto

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Il D-Day è vicino. Domani il governo alzerà finalmente il velo sul Documento di economia e finanza, che stabilirà in modo netto e inderogabile, i confini della manovra gialloverde. Molto si è scritto in questi giorni sulle frizioni tra l’azionista di governo Movimento Cinque Stelle e Tesoro. I primi, in forcing sul ministro Giovanni Tria per strappare deficit, il secondo tra l’incudine e il martello per tentare da una parte di soddisfare le richieste del vicepremier Luigi Di Maio, difendendo dall’altra i patti sottoscritti con l’Europa.

LA COSCIENZA DI TRIA…

Adesso, a 24 ore abbondanti dal Def, i giochi sono quasi fatti. Molto probabilmente qualcuno non è ancora soddisfatto dei numeri. Tria deve averlo intuito, avviando un’operazione di coscienza che va ben oltre i semplici calcoli su quanto deficit fare dentro al Def. L’occasione è arrivata con l’intervento di questa mattina del ministro presso la sede di Confocommercio. Tema, nemmeno a dirlo, le tasse. Tria, fiutando possibili difficoltà in fase di approvazione al Def, ha voluto mettere le mani avanti, lanciando un messaggio forte, fortissimo a chi sta spingendo anche in queste ore sull’acceleratore del deficit. E cioè, ricordiamoci che prima dei numeri c’è l’interesse suprema della nazione e della sua ricchezza e il governo ha giurato sulla Costituzione per questo.

E QUELLA DI DI MAIO…

Naturalmente rischiare una reazione dei mercati perché si è voluto a tutti i costi sballare i conti, non è fare l’interesse dalla nazione. “Ho giurato nell’esclusivo interesse della nazione e non di altri e non ho giurato solo io. Ovviamente ognuno può avere la sua visione, ma in scienza e coscienza, come si dice, bisogna cercare di interpretare bene questo mandato”, il messaggio di Tria alla platea di Confcommercio. In soldoni, il ministro ha la coscienza a posto, gli altri?

I RISPARMI PRIMA DI TUTTO

Il senso di Tria per la manovra è chiaro. Qualunque cosa succeda, qualunque cifra si voglia inserire nel Def, l’unica cosa che davvero conta è difendere i risparmi di 60 milioni di cittadini italiani. Cosa impossibile se per esempio all’indomani del Def si infiammasse nuovamente lo spread, che tanto per dirne una, alle banche, cioè a chi detiene il nostro risparmio, è costato già miliardi di patrimonio netto. E dunque “dobbiamo difendere il risparmio italiano dall’aumento dei tassi”. Se salgono, bisognerà garantire cedole più ricche per assicurarsi compratori di debito e le rate di chi ha un mutuo diventeranno più pesanti. Non è certo una difesa del risparmio, semmai un attacco.

SENZA FIDUCIA NON SI CRESCE

Tria è piano piano entrato nel merito della manovra, ma sempre abbandonandosi a considerazioni di ampio respiro. Per esempio, l’Italia deve crescere certo e deve farlo con gli investimenti. Ma pensare di crescere in un contesto di instabilità finanziaria, renderebbe vano ogni sforzo. Quindi occorrebbe prima preparare il terreno, dare fiducia agli investitori con target di bilancio credibili e poco fantasiosi e poi varare azioni concrete per la crescita. “Si chiede più crescita nella stabilità finanziaria. I due aspetti non possono essere separati perchè non c’è crescita nell’instabilità”, ha assicurato Tria dinnanzia alla platea di commercianti. “Obiettivo di questo governo è eliminare il divario tra la crescita italiana e quella del resto d’Europa, vogliamo ridurlo nel primo anno”.

EVITARE IL DISASTRO (A TUTTI I COSTI)

L’Italia deve puntare a due tipi di fiducia. Quella degli investitori e quella dell’Europa. L’ingrediente magico è il debito, perché se si dà certezza della sua sostenibilità (e aumentare il deficit tutto fa tranne che questo) allora la partita della credibilità si può vincere. “Sarà una manovra di crescita, non di austerity, ma che non crea dubbi sulla sostenibilità del nostro debito. Per questo dobbiamo dare un segno ai mercati finanziari, a coloro che ci prestano i soldi. Stiamo attenti perché a volte se uno chiede troppo poi deve pagare interessi maggiori e quello che si guadagna si perde in interessi. Se si perde la fiducia nella stabilità finanziaria e si crea incertezza nel futuro nessuno investe ma neppure nessuno consuma. Se gli investitori e gli italiani pensano che domani ci sarà un disastro e che quei soldi li dovranno restituire non li spenderanno”.

MENO TASSE E POI…

Le ultime considerazioni hanno portato in dote una certezza. L’Iva non aumenterà e nei prossimi mesi si procedere gradualmente sul taglio dell’Irpef, l’imposta sulle persone fisiche. “Noi siamo partiti da una situazione che abbiamo trovato in cui era previsto un andamento della finanza pubblica su cui c’era stato un accordo con la commissione europea. Erano basati su un forte incremento della pressione fiscale, le famose clausole di salvaguardia. Il primo problema è affrontare questo punto perché intenzione di questo governo non è permettere un aumento ma andate verso la riduzione della pressione fiscale. Il primo impegno è dunque sterilizzare le clausole. Questa è la prima parte della manovra: a questo punto si passa dal non aumento della pressione fiscale a quello che possiamo fare per ridurla su questo ci stiamo muovendo”. E la flat tax, le pensioni e il reddito di cittadinanza? Certo, ma un assaggio. Tutto “in modo consapevole, coordinato e graduale e in modo da non mettere in discussione la stabilità”.

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