A un mese o poco più dalla presentazione della manovra (c’è tempo fino al 20 ottobre), Giovanni Tria comincia già ad avercela chiara in testa. Tanto da spiegarla agli investitori domestici e internazionali riuniti questa mattina a Milano, per il Forum di Bloomberg.
Il ministro è uscito tutto sommato vincitore dal vertice in notturna di Palazzo Chigi, inculcando in Matteo Salvini e Luigi Di Maio quel messaggio così difficile da far passare. I soldi sono pochi, le misure del contratto si possono avviare ma non certo esaurire nel giro di una manovra, pensioni incluse (qui l’approfondimento di ieri sul tema). Tutto questo ha dato forza e coraggio al ministro che oggi si è spinto oltre, individuando nuovi traguardi per un Paese ancora colpevolmente convalescente. Tria si è persino potuto permettere il lusso di andare e in un certo senso superare il concetto di flat tax, il totem della Lega.
OLTRE LA FLAT TAX
La manovra secondo Tria (e basta) poggerà essenzialmente su tre pilastri: tasse, povertà e investimenti. Tre fattttori che messi a sistema non possono che fare la felicicità di ogni imprenditore-investitore. Ed è proprio sulle tasse che il responsabile del Tesoro si è concesso l’azzardo. “Bisogna andare oltre la flat tax riducendo il carico fiscale sulla classe media. Siamo ad uno studio molto avanzato che ridurrà il carico fiscale sulla classe media mantenendo il budget gestibile”. Musica per le orecchie delle piccole medie aziende (bacino elettorale della Lega), ma soprattutto un messaggio chiaro anche al Carroccio. Il lavoro di Tria e del suo staff non è appeso alla flat tax di stampo leghista, può benissimo andare oltre, livellando per esempio la miriade di balzelli che attanagliano il sistema produttivo.
TEMPO DI INVESTIRE
L’altro asso calato da Tria nel corso dell’incontro con la comunità chiamata a raccolta da Bloomberg sono gli investimenti. L’Italia è da anni invischiata in un dibattito che vede contrapposte due scuole di pensiero. Da una parte quella della spesa, sbloccare risorse senza curarsi troppo del deficit, dall’altra quella del rigore. Il titotale di Via XX Settembre però non ha indugiato troppo quando ha auspicato che “gli investimenti pubblici debbono tornare ad essere il 3% del Pil nel breve” per “recuperare un 30% di investimenti pubblici venuti meno negli ultimi anni”. In cima ai pensieri del Tesoro ci sono ovviamente le infrastrutture, soprattutto quelle grandi opere. L’Italia, tanto per dirla tutta, spende per gli investimenti pubblici il 2% del pil, lo 0,8% in meno rispetto alla media.
UN’AMBIZIONE LUNGA 5 ANNI
Certo, per arrivare in fondo al menù gialloverde, bisogna durare almeno qualche anno. E Tria lo sa. “L’economia dell’Italia è ancora in crescita, ma a un ritmo più lento. Noi siamo meno veloci rispetto ad altri Paesi che hanno comunque rallentato il passo, ma il nostro Paese ha comunque dei fondamentali solidi. L’obiettivo del governo è realizzare una crescita forte e sostenibile attraverso riforme strutturali e per questo si è impegnato nell’orizzonte di una legislatura di cinque anni, con una implementazione graduale delle riforme. L’obiettivo è eliminare il gap di crescita dell’1% che ci separa dai Paesi dell’eurozona che dura da 10 anni”.
GLI INVESTITORI STANNO CON TRIA
Il ministro può contare da parte sua su una sponda importante, quella degli investitori esteri che comprano il nostro debito, prestandoci il denaro. Ieri i tassi di rendimento sul Btp decennali sono scesi al 2,84%, segno di un riposizionamento del mercato sui nostri titoli. Se il rendimento scende vuol dire che sta aumentando la fiducia verso i nostri conti e allora anche verso Tria. La scommessa è tutta qui. Il segnale arrivato ieri dal mercato è chiaro: la linea di Tria paga la fiducia di chi investe. Per appurarlo al 100% c’è tempo fino al 27 settembre, giorno della presentazione del Def.