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Perché la Turchia punta al colpo grosso nell’Egeo (in barba all’Onu)

Khashoggi, Turchia erdogan

La data scelta non è casuale: a pochi giorni dalla 73ma Assemblea Generale dell’Onu, dalla ripresa informale dei colloqui per il caso Cipro che si svolgeranno (a margine) al Palazzo di Vetro e dalle perforazioni nella Zona economica esclusiva di Cipro da parte di Exxon e Total.

Ecco perché oggi il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan entra nuovamente nella partita per lo sfruttamento degli idrocarburi nel Mediterraneo orientale con un proclama preciso e, al contempo, anche pericoloso: “Difenderemo con tutti i mezzi i nostri interessi”.

QUI ANKARA

In occasione della seduta del Consiglio Supremo per la Sicurezza, il presidente turco ha annunciato quali saranno le mosse politiche e militari in tal senso. In primis ha affrontato tutti gli sviluppi nel Mar Egeo e nel Mediterraneo legati al conflitto siriano, e ha aggiunto che gli sforzi turchi saranno diretti “a influenzare gli interessi e i diritti della Repubblica turca di Cipro del Nord e della Turchia, il nostro paese difendere i propri diritti, usando tutti i mezzi”.

Repubblica di Cipro nord non riconosciuta dall’Onu né dagli organismi internazionali perché autoproclamata dopo l’invasione su suolo cipriota da parte dei militari turchi, che continua ancora oggi nonostante Cipro sia Stato membro dell’Ue.

Una dichiarazione dura e al contempo non di buon auspicio per una soluzione diplomatica sia del contenzioso relativo al diritto di perforare, sia della atavica questione sulla riunificazione di Cipro.

Sul versante del gas si registra l’iperattivismo di Ankara che, come confermato dal ministro dell’Energia turco, Fatih Ntonmez, ha deciso di impiegare anche la nave di perforazione «Fatih» data in operatività nel Mediterraneo orientale a brevissimo.

Una presenza navale che si somma alla Barbaras, che dal 2013 si sta inserendo nelle rotte internazionali con azioni costanti di disturbo, e alla Orouts Reis. Per un totale di 10 miliardi di dollari di investimento turco.

Ntonmez ha sottolineato esplicitamente che la Turchia non permetterà lo sfruttamento degli idrocarburi di Cipro senza che i turco-ciprioti ne traggano benefici.

QUI NICOSIA

Ma cosa ha influito nell’accelerare (anche mediaticamente) verso una ennesima reazione scomposta di Ankara? In molti pensano che l’accordo firmato mercoledì scorso tra Cipro ed Egitto per la costruzione di un gasdotto sottomarino che “copra” il giacimento di Afrodite sia la causa scatenante, anche perché direttamente proporzionale al nuovo asse tutto Mediterraneo del gas (Egitto-Israele-Cipro-Grecia) che sta trovando riscontri positivi alla Casa Bianca.

Washington è sempre più incline a rafforzare i quattro players anche per consentire all’Europa, in prospettiva, di godere di un approvvigionamento del gas diversificato.

QUADRUMVIRATO

Dei quattro soggetti non c’è uno che non abbia avuto un qualche problema con Ankara, come dimostra la vicenda siriana, quella legata alla lotta all’Isis e appunto le dinamiche legate al dossier energetico. Inoltre l’intelligenza tattica di Tel Aviv è tale anche perché, se da un lato punta il dito su Ankara circa le questioni relative alla nuova veste dell’Iran, dall’altro è lo stesso Netanyahu, al netto dell’abbattimento dell’aereo russo, a voler mantenere un canale aperto e franco con Mosca. Lo dimostra, ancora una volta, il fatto che Putin non ha altra scelta che permettere a Israele di continuare a operare in Siria, anche grazie a personali relazioni con il premier.

SCENARI

Ecco che proprio mentre Mosca “chiude” di fatto lo spazio aereo di fronte alla Siria per le sue manovre militari (e a un tiro di schioppo dalla Zona economica esclusiva cipriota dove operano Exxon e Mobile), Erdogan sceglie di imboccare la strada dell’ennesimo scontro con i suoi vicini di casa, dimenticando il trend interno dell’economia che accusa un’altra battuta di arresto.

Infatti la recessione incombente minaccia anche il settore del gas della Turchia, grazie al peggioramento della crisi valutaria che potrebbe verosimilmente bloccare le prospettive di crescita economica, che a loro volta avranno un impatto negativo sugli investimenti nel settore del gas del paese.

Un intricato gioco ad incastri, dove Ankara nonostante sappia bene di avere uno strettissimo spazio di manovra, gioca ancora al rialzo ma correndo un oggettivo rischio: sia nel breve periodo legato alla lira e alla crisi siriana, che nel medio-lungo legato ai nuovi gasdotti.

twitter@FDepalo

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