Non si annuncia facile per l’Italia il vertice di Salisburgo del 20 settembre che, oltre ai temi su sicurezza, cyberspazio e Brexit, animerà di nuovo le discussioni sull’immigrazione già dalla cena dei capi di Stato e di governo prevista per il 19. Il primo avvertimento è arrivato con la lettera di invito del presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk: se qualcuno vuole risolvere la crisi dei flussi migratori mentre altri vogliono usarla, il problema sarà irrisolvibile. Sul fatto che gli “altri” siano soprattutto l’Italia ci sono pochi dubbi e Tusk nella lettera, arricchita da grafici, ha sottolineato che ormai il flusso degli immigrati illegali è tornato ai livelli pre-crisi.
La posizione italiana è stata riassunta dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al termine dell’incontro a Roma con il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, padrone di casa dell’imminente vertice: maggiori investimenti europei in Africa e revisione dei protocolli dell’agenzia Frontex e dell’Operazione Sophia. In particolare, maggiori investimenti sono indispensabili “se non vogliamo un altro caso Diciotti”, la nave della Guardia costiera rimasta bloccata con migranti a bordo per una decina di giorni. Kurz ha condiviso la necessità di rafforzare Frontex (per la quale si parla di aumentare fino a 10mila le unità per il controllo delle frontiere) pur precisando che a Salisburgo si parlerà di lotta ai trafficanti e di collaborazione con i Paesi africani così come deciso dal vertice di giugno, anche se non si prenderanno decisioni essendo una riunione informale.
Le indiscrezioni che arrivano da Bruxelles non sono buone per l’Italia e non sorprendono: probabilmente non ci saranno novità sull’operazione Eunavfor Med-Sophia né sulla riforma del regolamento di Dublino. Sembra che l’Operazione Sophia per il governo italiano sia diventata una questione di principio più che di sostanza: la missione europea ha come scopo principale il contrasto ai traffici illegali nel Mediterraneo, scadrà alla fine dell’anno e nei prossimi mesi si dovrà decidere sull’eventuale proroga, ma in tre anni ha salvato meno del 10 per cento dei migranti intervenendo solo quando le sue navi erano le più vicine. Con il crollo degli arrivi un’eventuale analoga media porterebbe nei porti italiani un numero di persone irrisorio e non paragonabile all’ipotesi di uscita dalla missione stessa. Come si ricorderà, Sophia ha mantenuto il piano operativo che condivideva con la vecchia missione Triton dell’agenzia Frontex, cioè l’obbligo di sbarco in Italia, mentre ora la nuova missione Themis prevede lo sbarco in un Paese dell’Ue. È quello che l’Italia chiede anche per Sophia, ma già al vertice di Vienna della fine di agosto il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, aveva dovuto constatare il muro degli altri Paesi. Se davvero il governo dovesse reagire con l’uscita dalla missione sarebbe un autogol anche perché il comandante è un italiano, l’ammiraglio Enrico Credendino.
Con parecchio ottimismo ci sono alcuni indizi sul fatto che a Salisburgo si possano trovare maggiori intese sulla necessità di aiutare alcuni Paesi africani e quindi di stanziare più soldi. Kurz ha insistito sulla maggiore cooperazione con i Paesi di transito visto che finora non c’è stato lo stesso approccio avuto con la Turchia, che con 6 miliardi europei sta frenando il flusso di profughi siriani. C’è poi il ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb, che in un’intervista a L’Express auspica un aiuto europeo a favore di Algeria e Marocco, Paesi di transito verso la Spagna dove negli ultimi otto mesi c’è stato un aumento del 120 per cento di arrivi. Collomb è preoccupato perché queste persone si dirigono direttamente verso la Francia tanto che il 50 per cento delle richieste di asilo si concentra nell’area di Parigi: per questo sono state dispiegate due compagnie della Gendarmeria sui Pirenei atlantici, nel Sud-Ovest della Francia. Collomb, che cita un aumento dei rimpatri pari al 20 per cento, è d’accordo sulla necessità di “stabilire un meccanismo permanente europeo di gestione dei migranti” e vuole avere la certezza della registrazione di tutti gli arrivi prima di parlare di ripartizione.
La sintesi è stata fatta dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, al Consiglio Affari generali dell’Ue: “La migrazione non si esaurisce nel contrasto all’immigrazione illegale” perché serve l’impegno finanziario dell’Unione europea per i Paesi di origine e di transito. Sui migranti, ha detto, “siamo molto divisi, anche aspramente. Ma si tratta di una questione reale, politica e concreta, con un’incidenza sui flussi elettorali”. Forse solo un ministro tecnico poteva dire semplicemente la verità.