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La Banca d’Italia conferma la linea Tria e sull’obiettivo crescita dice…

Nel giorno in cui prende forma l’ipotesi, nel Def in dirittura di arrivo, di uno sforamento controllato del deficit, 2,2% del pil al massimo, arriva un monito importante. Quello del Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che rappresenta il mondo forse più esposto a una possibile (probabile?) reazione violenta dei mercati ai nuovi equilibri di finanza pubblica che daranno la cifra della prossima manovra targata Tria-Conte.

Visco, intervenendo a un convegno della Corte dei conti, non ha tradito il suo consueto linguaggio elegante. Ma guai a sottovalutare il messaggio del Governatore. In una parola, anzi due, attenzione al deficit e chi ha orecchie per intendere (a Palazzo Chigi come al Tesoro) intenda. “Vanno tenuti in considerazione i vincoli che derivano dall’elevato livello del debito: un aumento improduttivo del disavanzo (deficit, ndr) finirebbe col peggiorare le prospettive delle finanze pubbliche, alimentando i dubbi degli investitori e spingendo più in alto il premio per il rischio sui titoli di Stato. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto potrebbe rapidamente portarsi su una traiettoria insostenibile”, ha spiegato. Cioè, fate attenzione perché gli investitori potrebbero non comprendere uno sforamento al 2-2,2%, regolandosi di conseguenza. E le banche, che hanno bilanci pieni zeppi di Btp, pagherebbero dazio.

Visco se possibile è stato ancora più chiaro. “Non vanno sottovalutati i rischi a cui, dato l’elevato debito pubblico, ci esporrebbe un aumento improduttivo del disavanzo”, ha ribadito il governatore “Una reazione negativa dei mercati, se ad esempio il premio per il rischio salisse di 200 punti base, restando ancora al di sotto del livello registrato alla fine del 2011, avvierebbe un rapido aumento del rapporto tra debito e prodotto tenendo conto dell’impatto negativo sulla crescita economica esercitato dall’aumento dei tassi d’interesse e dalla crisi di fiducia, il rapporto si collocherebbe presto su una traiettoria insostenibile”.

D’altronde, tanto per essere realisti, un po’ come Tria, gli investitori ci prestano ogni 400 miliardi. Considerando che lo Stato ne spende circa 700 (il resto delle coperture arriva dalle tasse), è presto detto quanto sia importante mantenersi credibili. “La valutazione del potenziale impatto di un maggiore disavanzo sul premio per il rischio sovrano non è semplice: si tratta di una relazione non lineare e volatile, influenzata da molte variabili, alcune non immediatamente quantificabili. Se l’espansione di bilancio dovesse essere accompagnata da un deterioramento della fiducia degli investitori come quello che, per ragioni diverse, si è verificato tra il 2011 e il 2012, l’impatto sui tassi di interesse potrebbe essere, come allora, particolarmente elevato. Non si possono applicare a situazioni di questo genere le stime basate sui valori registrati nelle economie avanzate in condizioni finanziarie normali. Bisogna comunque ricordare che ogni anno lo Stato deve collocare sul mercato circa 400 miliardi di debito pubblico”.

In ogni caso, se proprio si deve allentare la cinghia allora meglio farlo per dotare il Paese di infrastrutture degne di un Paese del G7. E Visco, sposando la linea Tria non si è lasciato sfuggire l’occasione. “Il ritardo infrastrutturale del nostro paese rispetto alle altre principali economie “non deriva esclusivamente dall’insufficienza delle risorse finanziarie: l’Italia deve utilizzare al meglio le risorse, solo così l’aumento della spesa può essere coerente con la sostenibilità del debito”. In Italia, ha proseguito Visco, “la dotazione di infrastrutture è inadeguata o rischia di diventarlo per carenza di manutenzione” ma “i necessari interventi vanno affiancati da incisivi miglioramenti nella selezione, programmazione e realizzazione delle opere pubbliche”.

Nel conto del deficit intelligente, anche le imprese. “L’analisi economica ha da tempo riconosciuto che il progresso tecnico e la dinamica della produttività totale dei fattori costituiscono l’effettivo motore della crescita economica per i paesi avanzati, nei quali l’iniziale rapida accumulazione di capitale fisico e la crescita della forza lavoro hanno esaurito la loro spinta. Un’adeguata dotazione di capitale pubblico può agevolare l’adozione di nuove tecnologie e la riorganizzazione dei processi produttivi, anche facilitando la nascita di nuove imprese. Può rivelarsi essenziale nel sostenere le fasi iniziali di sviluppo di tecnologie particolarmente innovative. Va riconosciuto però che il nesso tra accumulazione di capitale pubblico e sviluppo economico, per quanto cruciale, risulta sostanzialmente elusivo”.

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