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L’Afghanistan tra speranze e incertezze. Il parere degli esperti

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Lo stallo raggiunto sul campo di battaglia in Afghanistan e la necessità di promuovere lo sviluppo economico del Paese tramite nuove infrastrutture e il potenziamento della cooperazione all’interno della regione centro asiatica. Sono questi due dei concetti chiave emersi lo scorso 4 ottobre nel corso della conferenza Afghanistan and Central Asia: looming priorities and regional un-balances, organizzata dalla Nato Defense College Foundation. Tre panel di esperti hanno affrontato altrettanti macro-argomenti nel corso della conferenza: l’influenza dell’instabilità dell’Afghanistan sulla regione centro e sud asiatica; le relazioni fra Pakistan e Afghanistan; e lo stato dell’arte relativo alla missione Resolute Support della Nato in territorio afghano.

UNO SGUARDO PIÙ AMPIO…

La presenza italiana alla conferenza è stata garantita dalla partecipazione dell’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della Nato Defense College Foundation, e del generale Vincenzo Camporini. Il primo ha evidenziato lo scopo dell’incontro, sottolineando l’importanza di spostare l’attenzione mediatica dal mero racconto della violenza che infesta quotidianamente l’Afghanistan al processo di democratizzazione in atto nel Paese, allo scopo di attrarre un interesse positivo attorno a uno Stato che, per risolvere i propri problemi di sicurezza e stabilità, necessita di contrastare ogni tendenza all’isolamento.

…PER UNA STRATEGIA DI LUNGO TERMINE

Il generale Camporini ha invece posto l’accento sulla necessità di impostare l’approccio al dossier afghano in un’ottica di lungo periodo, con pazienza e con la consapevolezza che la storia di ogni Paese è composta non da singole contingenze ma da un insieme di processi interconnessi di natura non solo militare ma anche politica, economica e sociale.

UN FANTASMA INGOMBRANTE

Come emerso nel corso della prima parte della conferenza, recenti sviluppi sembrerebbero segnalare un crescente interesse internazionale, di natura sia economica sia politica, attorno alla regione centro asiatica. Tuttavia, come lo shakespeariano fantasma di Banquo perseguita Macbeth, così lo spettro dell’instabilità afghana aleggia sulle prospettive di sviluppo economico dell’intera area. Decenni di ingerenze straniere e di interventi internazionali hanno infatti creato in Afghanistan una situazione che influenza profondamente l’economia anche dei Paesi vicini, fra cui, su tutti, il Pakistan. Una situazione più stabile renderebbe certamente più semplice attrarre investimenti esteri da destinare allo sviluppo del commercio nell’area e alla costruzione di infrastrutture. Investimenti che specialmente la Cina sembrerebbe interessata a sostenere, come parte del piano di sviluppo della New silk road.

PROSPETTIVE ILLUSORIE E INTERESSI COMUNI

Durante la conferenza, un forte accento è stato posto da Richard Hooker, professore presso il National War College, sulla illusorietà delle prospettive di conciliazione fra i numerosi interessi divergenti espressi da player regionali come Pakistan, India, Iran e Afghanistan e dalle grandi potenze Usa, Russia e Cina. Tuttavia, secondo Hooker, una parziale convergenza potrebbe essere trovata attorno ad alcuni specifici interessi comuni, quali la prevenzione di conflitti internazionali di larga scala, la lotta al terrorismo e la promozione del commercio nell’area.

IL NUOVO RUOLO DELLA CINA

Un focus particolare è stato invece dedicato da Zhongying Pang, presidente esecutivo del comitato accademico della Grandview Institution di Pechino, sul mutamento degli equilibri nel gioco delle influenze nell’area prodotto dalla New Silk Road cinese. A dimostrazione di ciò, Pang ha evidenziato la vitalità della Sco (Shanghai Cooperation Organization), organizzazione di cui India e Pakistan sono divenuti di recente membri a pieno titolo. Come sottolineato dal generale Camporini, l’interesse cinese per la promozione della sicurezza e lo sviluppo economico in Afghanistan e nella regione centro asiatica, se realmente concretizzato, potrebbe rappresentare una buona notizia e un possibile fattore di stabilizzazione nell’area.

ACCUSE RECIPROCHE E I TIMORI DEL PAKISTAN

Ma chi è colpevole dell’instabilità afghana? Il gioco del rimpallo delle responsabilità, antico come il mondo, ha trovato una plastica rappresentazione in un duro quanto significativo scambio di battute che ha avuto luogo, durante la seconda parte della conferenza, fra la pakistana Maria Sultan, presidente del South Asia Strategic Stability Institute di Islamabad, e l’ambasciatrice afghana Shukria Barazkai. Secondo la Sultan il Pakistan sarebbe la principale vittima collaterale della guerra civile in Afghanistan. Il commercio di droga e il dilagare di gruppi terroristi in Afghanistan, oltre alle ondate migratorie verso il confine pakistano generebbero infatti una consistente perdita di attrattività per gli investimenti diretti esteri da Paesi, come la Cina, che sarebbero pure intenzionati a scommettere sulla regione e sul Pakistan, in presenza di una situazione geopolitica meno incerta.

MORIRE PER NULLA

Di particolare impatto emotivo è stato l’intervento dell’ambasciatrice Barazkai, secondo cui l’Afghanistan sarebbe “l’unico Paese del mondo che muore per nulla”. Secondo la diplomatica, infatti, la guerra civile afghana non sarebbe di così difficile soluzione. Le cause del suo protrarsi sarebbero quindi esogene e da ricercare negli interessi di attori privati, quali le organizzazioni criminali internazionali dedite al commercio di droga, e di attori statali quali, ad esempio, lo stesso Pakistan, accusato dalla Barazkai di supportare i talebani e altri gruppi ribelli e considerato dunque dall’ambasciatrice non una vittima ma bensì uno dei principali responsabili della crisi afghana.

RESOLUTE SUPPORT: UN BILANCIO TUTT’ALTRO CHE DEFINITIVO

Nel corso dell’ultima sessione della conferenza, si è tentato di stilare un bilancio della Nato Resolute Support, la missione Nato iniziata nel 2014 al termine dell’operazione Isaf (International Security Assistance Force), e il cui scopo è fornire addestramento, consulenze e assistenza alle forze di sicurezza afghane. L’interesse della Nato per l’Afghanistan è stato di recente riaffermato nel corso del summit tenuto a Bruxelles lo scorso luglio. Secondo Ian Hope, ricercatore presso il Nato Defense College, l’importanza geopolitica del Paese è insita nella sua natura di stato cuscinetto fra potenze regionali e di fondamentale crocevia per qualsiasi genere di flusso interno all’area geografica, sia esso commerciale o migratorio. Infine, come sostenuto da Martin L. O’Donnel, portavoce di Resolute Support, fondamentale per il successo della missione e per la stabilità dell’intera regione centro asiatica sarebbe riuscire a dotare l’Afghanistan di forze di sicurezza autosufficienti nella lotta al terrorismo.

LO STALLO AFGHANO

Tuttavia il resoconto della situazione attuale in Afghanistan potrebbe essere sintetizzato con la parola stallo. A tutti i livelli si registra infatti una situazione stagnante, sia per quanto concerne il conflitto fra il governo di Kabul, i talebani e i numerosi altri gruppi ribelli di militanti islamici fra cui spicca l’Isil-Khorasan, il ramo afghano dell’auto proclamato Stato islamico, sia per quanto riguarda gli endemici e tragici problemi del commercio di droga, del terrorismo e della corruzione.

UN REBUS DI DIFFICILE SOLUZIONE

Nel corso della conferenza, diversi relatori hanno sottolineato in effetti gli scarsi risultati ottenuti dalle missioni internazionali in Afghanistan negli ultimi vent’anni, a fronte di ingenti costi economici e in vite umane. Ed è in questo rebus di difficilissima soluzione  che si inserisce anche un ritrovato interesse verso la regione da parte della Russia. Attraverso la Csto (Collective Security Treaty Organization), l’organizzazione che ha per obiettivo la sicurezza della regione asiatica centrale sotto influenza Russa e con basi in Kirghizistan e Tajikistan, il governo di Putin aspira infatti a divenire un fattore importante per la sicurezza dell’Afghanistan e dell’area circostante.

NUOVE PROSPETTIVE O NUOVI RISCHI?

Certo, l’interesse mostrato recentemente da Russia e Cina verso la regione e il tentativo da parte delle due potenze di favorire il dialogo fra il governo afghano e i talebani potrebbero portare a sperare in un decisivo salto di qualità nel processo di pacificazione dell’Afghanistan. Tuttavia, come sottolineato nel corso della conferenza anche da Thierry Tardy, direttore della divisione Ricerca del Nato Defense College, sarà necessario per la Nato monitorare con grande attenzione l’evoluzione dell’influenza russa e cinese sulla regione, per essere in grado di rispondere in modo adeguato ai possibili rischi che potrebbero sorgere dalla collisione di interessi potenzialmente divergenti.

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