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Ecco perché plaudo alla scelta del governo sul Tap

La decisione del governo di dare il definitivo via libera alla realizzazione del metanodotto Tap che porterà il gas dall’Azerbaijan in Italia, approdando sulla costa pugliese a San Foca nel Comune di Melendugno (Le), era attesa sia dai fautori dell’opera, sia soprattutto da coloro che sul territorio si oppongono da anni all’arrivo della tubazione sulla spiaggia dell’area, a suo tempo prescelta in base a valutazioni ambientali validate poi dai competenti organi ministeriali. Restano ancora alcuni passaggi anche di natura giudiziaria da compiersi, ma ormai – salvo clamorosi imprevisti – la realizzazione dei manufatti sul suolo pugliese può ripartire e completarsi nel 2020.

Ora, leggendo le furenti reazioni alla decisione del governo dei movimenti No Tap e del sindaco della cittadina del Salento – che si sentono traditi dai parlamentari e dai ministri Cinque Stelle – sorprende ancora una volta l’assoluta, ostinata e pervicace incomprensione delle fondate ragioni che hanno portato il governo e soprattutto la sua componente pentastellata a dare il proprio assenso al completamento dell’opera sul suolo italiano.

Lo ha ribadito il presidente Conte e lo sapevano tutti gli osservatori più autorevoli della vicenda che si sarebbe andati incontro a penali pesantissime se si fosse bloccata l’opera, avendo per ultimo anche il ministro Costa verificato la legittimità degli atti sinora compiuti in tutte le sedi autorizzative competenti e riguardanti la costruzione del gasdotto. Ragion per cui chi scrive ritiene – come già accaduto per la vicenda dell’Ilva che ha interessato anch’essa la Puglia, questa volta sul versante ionico ove è localizzato il gigantesco siderurgico di Taranto – che debba ascriversi a merito del governo e della componente ministeriale dei Cinque Stelle l’aver dato l’assenso definitivo all’opera. Perché infatti imputare a Conte, e ai ministri Di Maio, Costa e Lezzi di non aver fermato ciò che non poteva esserlo, pena il pagamento di onerose penali che in questo momento l’Italia non può certo permettersi? La delegazione ministeriale pentastellata pertanto ha avuto coraggio, e bisogna riconoscerglielo, nell’assumere le decisioni prese. E se è comprensibile (ma nient’affatto condivisibile) l’atteggiamento dei movimenti anti Tap sul territorio salentino, bisogna dire con chiarezza che governare un grande Paese industriale come l’Italia significa assumersi responsabilità nei confronti dell’intera collettività nazionale, e non solo del proprio elettorato di un determinato territorio.

Certo, il percorso di maturazione “governativa” del Movimento Cinque Stelle, o almeno di una parte significativa dei suoi dirigenti e militanti, procede con evidenti difficoltà che meritano tuttavia attenzione e rispetto, ma i passi avanti compiuti – per quanto annegati in formulazioni polemiche “difensive” che imputano ad Esecutivi precedenti decisioni su cui si afferma di non poter più intervenire – sono a nostro parere importanti e meritano di essere segnalati ed apprezzati.

Ora l’auspicio è che si compiano passi avanti anche nella legge di bilancio in direzione almeno di una mitigazione delle misure più indiziate di determinare per il 2019 pesanti superamenti del rapporto deficit/Pil a suo tempo concordato con le autorità di Bruxelles. Perché infatti sono state modificate le posizioni più radicali su Ilva e Tap e non si possono mutare invece determinate misure previste nella legge di bilancio, almeno nella loro dimensione e nei tempi di attuazione? Perché l’alleato Salvini vuole “tirare dritto”? Lo stesso Salvini peraltro che, bisogna riconoscerlo, sul rilancio dell’Ilva di Taranto e sull’approdo del gasdotto Tap a San Foca non ha mai avuto dubbi, insieme al suo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti. Si faccia ragionare anche il leader leghista allora sull’impostazione della legge di bilancio: in fondo, il Movimento Cinque stelle in Parlamento ha molti più seggi della Lega, sia alla Camera sia al Senato.


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