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La cooperazione italo-cinese al tempo della Belt and road

cina

Nonostante le tante criticità, dettate soprattutto da una crescente contrapposizione tra Washington e Pechino, la cooperazione tra Italia e Cina pare voler proseguire e intensificarsi. Del tema si è discusso nella conferenza – svoltasi secondo le regole Chatham House – dal titolo “Smart Belt and Road: how innovation can boost China and Italy cooperation”, organizzata dal CeSI insieme all’ambasciata della Repubblica popolare cinese in Italia.

LA CONFERENZA

Presso il think tank presieduto da Andrea Margelletti si sono avvicendati gli interventi del vice presidente della Conferenza politica consultiva del popolo cinese Gu Shengzu, dell’ambasciatore della Repubblica popolare cinese in Italia Li Ruiyu e del sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico Michele Geraci, uno dei “tessitori” del rapporto con Pechino, a capo di una speciale task force per le relazioni economiche sino-italiane istituita presso il dicastero guidato dal vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio.

L’OGGETTO DEL CONFRONTO

Al centro del confronto c’è stato il progetto, nato nel 2013 dalla volontà del presidente Xi Jinping, di una nuova “Via della seta”, chiamato The Belt and Road Initiative. L’iniziativa si propone come un nuovo sistema di interconnessione mondiale per i commerci e l’import-export tra Asia, Europa e Africa, all’interno del quale l’Italia intende recitare un ruolo importante. In questo contesto l’Italia, che centinaia di anni fa ha rappresentato il punto di arrivo della Via della seta, ambisce infatti ad essere oggi un punto di snodo tra quest’ultima nella sua declinazione terrestre e la nuova “Via della seta marittima”.

I PILASTRI PRESENTATI

Durante l’incontro sono stati riassunti quelli che vengono considerati i “pilastri” della nuova Via della seta, che secondo gli esperti si propone di sviluppare una nuova strategia multilivello per espandere, attraverso la cooperazione economica, le proprie aree di influenza e plasmare una nuova governance globale. Tali pilastri sono rappresentati dall’economia e dall’innovazione, in quanto ognuna delle controparti sembra avere molto da offrire all’altra in termini di avanzamento tecnologico e produttivo (si è fatto riferimento alla produzione farmaceutica e alle tecnologie per l’aeronautica, eccellenze italiane).

I NUMERI DELLA PRESENZA ITALIANA IN CINA

L’Italia, si è detto, conta ad oggi circa 1700 imprese che hanno attualmente investito sul territorio cinese, mentre la collaborazione nel settore tecnologico e scientifico risale circa al 1978. Un nuovo ponte tra le due nazioni sembra essere la cooperazione nel settore spaziale, come ad esempio il lancio del satellite cinese, frutto ultimo della cooperazione sino-italiana. Gli scenari futuri della strategia cinese prevedono un’eventuale collaborazione nel settore dell’intelligenza artificiale, settore in continua espansione, nonché sull’implementazione della rete 5G ad opera del colosso cinese Huawei.

UNA QUESTIONE CONTROVERSA

Proprio quest’ultimo punto, al quale Formiche.net ha dedicato molti approfondimentoi, è però uno dei più controversi. Questo governo, più dei precedenti, sembra aver inaugurato una nuova stagione di crescita delle relazioni bilaterali fra Roma e Pechino. Ma questa collaborazione, soprattutto se allargata ad asset strategici come le reti, rischia secondo gli esperti di creare non pochi problemi all’Italia sia in ambito nazionale (i servizi segreti nazionali evidenziano da anni i rischi correlati a operazioni di questo genere) sia in quello internazionale. A Washington – strettissimo partner per l’Italia nel settore della difesa, anche attraverso la Nato -, è infatti allarme rosso. Basti pensare alle dichiarazioni pubbliche del Presidente Usa Donald Trump a corredo della politica di dazi nonché ai report, anche pubblici, dell’intelligence americana sullo sforzo d’influenza militare, tecnologica e geopolitica che Pechino starebbe attuando.


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