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Intelligenza artificiale. Come affrontare la sfida del nuovo secolo

robot killer, Mise

Chi prevarrà nel settore dell’intelligenza artificiale, vincerà le sfide del futuro. La previsione – fatta più volte da scienziati e capi di Stato e di governo – è stata al centro della tavola rotonda “Intelligenza artificiale, Big Data e Piattaforme digitali: la necessità di un controllo globale” organizzata venerdì mattina presso il Centro russo di scienza e cultura nell’ambito dell’ultima edizione del Festival della Diplomazia. Il governo dell’intelligenza artificiale e dei suoi possibili sviluppi, sia in campo civile sia militare, si sta imponendo sempre più all’attenzione dell’agenda degli esecutivi europei ed extraeuropei, ponendo questioni importanti di ordine economico e di sovranità nazionale.

L’EVENTO

Ospiti dell’evento e del padrone di casa Oleg Ossipov, direttore Centro studi sono stati: l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata; Massimo Comparini, ad di e-Geos; Enzo Maria Le Fevre Cervini, Università Luiss Guido Carli e Agid; Giorgio Pezzali, relazioni esterne di Semeion; Vittorio Calaprice, rappresentanza Commissione Europea in Italia; Domenico Talia, Università della Calabria; Padre Paolo Benanti, Pontificia Università Gregoriana; e Michele Pierri, direttore Cyber Affairs. Presente anche Giorgio Bartolomucci, segretario generale del Comitato Promotore Festival della Diplomazia.

VERSO NUOVE REGOLE

A moderare i relatori è stato invece il professor Maurizio Mensi (Sna e Luiss) che ha introdotto l’argomento sottolineando come il “controllo globale” evocato nel titolo dell’evento è l’aspetto che i legislatori devono tenere in dovuta considerazione quando si parla di intelligenza artificiale e analisi dei big data. “Occorre chiedersi quanto siano adeguate le nostre regole a fronte di un progresso tecnologico rapidissimo. A livello europeo l’Ue sta provando a intervenire su aspetti specifici dell’intelligenza artificiale e il mondo digitale. Pensiamo alla lotta alle “minacce ibride”, come le fake news, o al Gdpr, che impone regole di correttezza e trasparenza degli algoritmi delle applicazioni di intelligenza artificiale. Ma in realtà non c’è una base giuridica che attribuisce all’Ue la possibilità di intervenire in questo settore, le iniziative sono soprattutto nazionali. Iniziative sono state intraprese in Italia, Francia e Regno Unito. Sicuramente un modello da non seguire è la Cina che, attraverso il controllo emozionale, rischia di rendere reale quel controllo globale al quale dobbiamo fare attenzione”.

MODELLI (E INVESTIMENTI)

A questa posizione risponde Michele Pierri, direttore Cyber Affairs, che individua tre modelli dominanti nel campo dell’intelligenza artificiale e, più in generale, del governo delle tecnologie: statunitense, europeo e cinese. Tutti con diverse caratteristiche, e tutti con diverse sfumature, militari, civili ed etiche”. Quanto agli investimenti in questi settori, sottolinea invece Pierri, “Washington e Pechino sono ancora un passo avanti rispetto al Vecchio continente, dove le risorse, che pure stanno iniziando ad essere destinate a questi capitoli – pensiamo non solo a tutti i progetti nazionali, ma anche a quelle dell’Unione europea – necessitano di uso ragionato e coordinato tra i vari Paesi per fare sistema e creare massa critica”. La conferma arriva da Vittorio Calaprice, della rappresentanza della Commissione europea in Italia, assicura che l’Ue, seppure in ritardo rispetto a quanto fatto dai partner e competitor internazionali, sta operando e investendo nell’ambito dell’Intelligenza artificiale. “L’Ue sta predisponendo linee di intervento in materia di investimenti sia pubblici che privati e convoglierà una parte rilevante del nuovo quadro finanziario, dopo il 2020, proprio alla ricerca scientifica”, dice Calaprice. “Oltre a questo segnaliamo la costruzione di un Super computer per il quale sono stati messi a budget 2 miliardi di euro. Entro l’anno, infine, la Commissione europea rilascerà il primo codice etico dell’Intelligenza artificiale”.

I PASSI DELL’ITALIA

L’Italia, sebbene non abbia convogliato grandi risorse economiche sul tema, non è stata a guardare dal punto di vista della governance. “L’Italia ha rilasciato il Libro bianco sull’intelligenza artificiale Italia nel marzo 2018”, dice Enzo Maria Le Fevre Cervini. “I governi tornano e devono tornare al centro perché deve tutelare una società fragile dal punto di vista culturale. La tecnologia non può vivere in autarchia e quello che manca è una struttura di governance tra gli Stati”.

IL DIGITAL POLITICAL DIVIDE

“Dalla dimensione cyber non si parte, ma si arriva” – dice l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata. “L’Europa è un gigante dal punto di vista dell’intelligence, della denuncia degli attacchi sistemici e della condivisione delle informazioni. Dal punto di vista della cyber war, invece, non è paragonabile alle super potenze americana e cinese. Esiste un vero e proprio Digital political divide tra le democrazie liberali e le dittature nell’utilizzare le nuove tecnologie come strumenti di controllo sociale”.

LA COLLABORAZIONE CHE SERVE

L’intelligenza artificiale – aggiunge Domenico Talia, dell’Università della Calabria – è il principale soggetto politico di questo secolo. La collaborazione tra tecnici e informatici è indispensabile affinché l’Italia e l’Europa possano lavorare per collocarsi tra i grandi nello scacchiere geopolitico internazionale”. Per ciò che riguarda le innovazioni tecnologiche Giorgio Pezzali, relazioni esterne di Semeion, ha illustrato un modello di analisi predittiva che è stato capace, a partire dai dati degli attacchi terroristici che hanno funestato l’Ue nel 2015, di individuare collegamenti tra terroristi nazionali e internazionali. Gli strumenti predittivi e di analisi dei dati si caratterizzano come fondamentali quando la mole di dati da analizzare supera l’ordine del trilione. “Noi ci troviamo nella condizione di avere a disposizione troppi dati”, dice a riguardo Massimo Comparini, ad di e-Geos. “Ricavare informazioni significa sviluppare tecnologia”.

DALL’ETICA ALL’ALGORETICA

E l’uomo, con le sue fragilità e la sua natura anche spirituale, in tutto ciò che ruolo ha? “Abbiamo due prospettive: o cercare soluzioni che escludano l’uomo o ricordarci che ci sono delle caratteristiche umane che non riguardano l’efficacia ma la qualità delle cose da costruire. A noi interessa produrre tanti pezzi come fa un sistema industriale o avere oggetti di qualità come fa un artigiano? Allora per mantenere l’uomo al centro si sceglie sempre la qualità”, sottolinea Paolo Benanti della Pontificia Università Gregoriana. “Quando questo lo applichiamo all’intelligenza artificiale, grazie alla medicina e alla giurisprudenza, cercare la qualità significa cercare il valore etico che si invera nelle singole scelte. Quella che stiamo vivendo”, aggiunge, “è una nuova stagione, un cambio d’epoca che chiede la contaminazione dei saperi, in questo caso non basta più l’etica ma l’algoretica dove si tiene insieme il valore del dato con il valore etico. Questa contaminazione di saperi è l’unica strada per prevenire il peccato di hybris nel quale si potrebbe incorrere se si preferisse un sapere in luogo di un altro”.



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