I debiti, sempre loro. Autentica maledizione di ogni economia industrializzata. Ci sono interi punti di pil costruiti sui debiti, intere stagioni di crescita. Ma prima o poi i nodi vengono al pettine. Gli Stati Uniti, che proprio dieci anni fa sperimentavano sulla loro pelle (ma di lì a poco il contagio si sarebbe diffuso in tutto il globo) il dramma di Lehman Brothers e dei mutui subprime (prestiti a chi non era in grado di rimborsarli, dunque sempre di debiti si parla) ne sanno qualcosa.
Sì, è vero, l’economia americana è in ripresa: pil a +4,1% nel secondo trimestre, mai così bene dal 2014, sei anni dopo il, crack Lehman. Eppure sotto il new deal targato Trump c’è una mina pronta a esplodere. Una bomba potenziale da mille miliardi di dollari. Naturalmente si tratta di debiti. Il calcolo l’ha fatto Bloomberg, che di finanza e dei suoi guai se ne intende.
Tutto parte da una situazione di fatto. Negli anni del post-Lehman negli States c’è stato un fiorire di fusioni, aggregazioni, in due lettere M&A. Tutto questo ha portato crescita e investimenti ma anche debiti con le banche. Perché le società coinvolte, rimaste a corto di liquidità dopo il disastro dei subprime, hanno dovuto rivolgersi agli istituti per ottenere i soldi necessari alle operazioni.
E così, grandi gruppi americani come AT&T e Bayer tanto per citarne due, sono stati costretti per esempio a indebitarsi per reggere alla concorrenza delle imprese straniere. Un decennio di giri d’affari fiacchi e tassi di interesse ai minimi assoluti sui prestiti, ha rappresentato una miscela esplosiva che ha creato una vera e propria bomba da mille miliardi di debiti, ha stimato Bloomberg, nel mondo corporate americano.
Prendendo in prestito denaro a interessi zero e usandolo per inglobare compagnie rivali e crescere di dimensione, le big dell’industria americana hanno accumulato debiti che ora, con il repentino rialzo dei tassi di interesse in atto, rischiano di dover rimborsare a costi elevati. Quello insomma che è stato prestato a dieci adesso deve essere restituto a 30.
Naturalmente, le agenzie di rating hanno tratto le loro conseguenze nei loro giudizi su società così indebitate. Il boom di operazioni M&A finanziate con nuovi debiti, nell’ambito di un consolidamento aziendale che ha interessato diversi settori che ha alimentato una bomba dei debiti ha impattato sul rating. Il numero di aziende americane che si trova a uno o due gradini dal livello junk è oggi senza precedenti. E se non fosse per la clemenza di alcune agenzie di rating (un po’ come avvenuto nel 2007-2008), la loro qualità creditizia sarebbe probabilmente già giudicata spazzatura.
In caso di declassamento a junk, oltre a dover pagare a un prezzo molto più caro eventuali finanziamenti, le aziende rischiano di non riuscire a farcela in condizioni di rallentamento dell’economia. Per riuscirci, dovranno mantenere le promesse ambiziose in fatto di riduzione dei costi e di rimborso dei debiti. Ma non c’è tempo da perdere, visto che il periodo di denaro facile è agli sgoccioli con la Federal Reserve che pare non avere intenzione di interrompere il ciclo di strette monetarie.