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Anche in Brasile vince la politica del No-tutto con Bolsonaro presidente

Questa volta i sondaggi hanno visto bene. Jair Bolsonaro, candidato del Partito Social-Liberale, ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Brasile con il 56% dei voti. Il candidato del Partito dei Lavoratori, Fernando Haddad, è rimasto indietro con il 44%.

Una vittoria storica, dopo l’egemonia della sinistra brasiliana. La fine del Partito dei Lavoratori è iniziata con l’impeachment della presidente Dilma Rousseff nell’estate del 2016 e la valanga di scandali di corruzione e malversazione di fondi. Come ha raccontato Formiche.net a novembre del 2017, la destra ha cominciato a sedurre gli elettori brasiliani con un programma basato sulla difesa della sicurezza e contro la corruzione nei partiti politici tradizionali. Nonostante donne e intellettuali si siano mobilitati contro Bolsonaro, la rimonta di Haddad non è stata sufficiente per arrivare alla presidenza. È stato più efficace il discorso anti-sistema.

Tra i primi a congratularsi con il presidente eletto del Brasile c’è Mauricio Macri. Su Twitter, il presidente argentino ha scritto: “Complimenti a Jair Bolsonaro per il trionfo in Brasile! Mi auguro di lavorare insieme per il rapporto dei nostri Paesi e per il benessere di argentini e brasiliani”. Giorni fa, Bolsonaro aveva inviato un abbraccio a Macri, “che è riuscito a finire la Dilma Kirchner”, in riferimento all’ex presidente dell’Argentina, Cristina Fernández de Kirchner, oggi imputata per corruzione.

Sono arrivati anche gli auguri del vicepremier italiano e leader della Lega, Matteo Salvini. “Anche in Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al presidente Bolsonaro, l’amicizia tra i nostri popoli e i nostri governi sarà ancora più forte”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno. I due hanno sostenuto una conversazione, sempre via social, sulla promessa di Bolsonaro di estradare in Italia Cesare Battisti (qui l’articolo di Formiche.net).

Poco prima del voto era arrivato l’endorsement di Steve Bannon, ex consigliere del presidente Trump. Puntualizzando che non ha collaborato con la sua campagna elettorale, ha detto alla Bbc di essere un simpatizzante di Bolsonaro: “È come quello che sta succedendo in Italia e negli Usa: la gente respinge un tipo di classe politica perpetua, che è legata al capitalismo clientelare, la corruzione e l’incompetenza […] in Italia, Salvini e il Movimento 5 Stelle si sono organizzati contro questo tipo di cose, e credo che questo è uno dei ponti principali a favore di Bolsonaro”.

Una promessa politica ma forse non necessariamente anche economica. Da settimane i mercati erano esaltati davanti alla possibilità di una vittoria di Bolsonaro, il candidato preferito degli investitori. L’entusiasmo per i sondaggi si rifletteva nel valore dei titoli di Stato e del real, valuta ufficiale del Brasile. Tuttavia, il piano della politica economica del nuovo presidente non è chiaro. Bolsonaro ha ammesso di non intendersi di numeri e programmi di sviluppo, per cui i conti del Paese saranno guidati dall’economista Paulo Guedes (qui il ritratto di Formiche.net).

Secondo il New York Times, la piattaforma di campagna ha una bozza di proposte per sostenere la crescita economica, ma i messaggi inviati finora sono stati decisamente contraddittori. L’ex direttore della Banca centrale brasiliana, l’economista Alexandre Schwartsman, crede che il panorama è abbastanza incerto. “Il mercato finanziario si sta lasciando ingannare con la promessa di un programma economicamente liberale”, ha spiegato Schwartsman. Bolsonaro è riuscito a convincere gli elettori con le sue proposte di attacco, anche se è poco quello che propone di concreto.

Sebbene tra i progetti di Bolsonaro c’è la privatizzazione di molte imprese pubbliche, tra cui la petrolifera statale Petrobras (per circa 400 miliardi di dollari), in sette legislature come deputato Bolsonaro ha sempre votato contro le privatizzazioni. Disse che la vendita del monopolio delle telecomunicazioni era stata una barbarie contro il popolo brasiliano.

Le elezioni presidenziali dell’ottava economia del mondo avvengono in un momento in cui l’economia è stagnante e con 13 milioni di persone disoccupate per colpa della corruzione. Senza un duro piano di riforme al sistema di pensioni, il debito pubblico aumenterà ancora e il Brasile entrerà di nuovo in recessione.

Per gli analisti con ogni probabilità i primi mesi con Bolsonaro saranno una vera “luna di miele”. Però in mancanza di misure strutturali (poco popolari), nel 2020 sarà un’altra storia.

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