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Ecco cosa c’è nella nota di aggiornamento al Def sulla Difesa

Maggiore sinergia tra ministeri e industria, e ancoraggio alle alleanze tradizionali. Ma anche razionalizzazione dello strumento militare e programmi di acquisto per la cyber-security. Nel capitolo Difesa della nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def), presentata ieri alla Camere, c’è poco di nuovo. Qualche specifica e alcune conferme di segnali già arrivati da parte dell’esecutivo, compresi quelli che hanno preoccupato esperti e addetti ai lavori su “spese militari inutili”, su cui si è espresso ieri Luigi Di Maio.

UNA CABINA DI REGIA PER LA DIFESA?

Il segnale più rilevante riguarda l’intenzione del governo di sviluppare una “Strategia sistemica per la sicurezza nazionale”, già emersa nelle linee di indirizzo programmatiche del ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Si prevede “il coinvolgimento di tutte le componenti del sistema-Paese” e la ricerca della “massima sinergia con gli altri ministeri, l’industria, il mondo accademico, nonché i settori della ricerca di base e avanzata, al fine di consolidare meccanismi stabili di collaborazione”. Per metterla in piedi, l’ipotesi più accredita resta quella di una Cabina di Regia in capo a palazzo Chigi, sulla scia di quanto avvenuto per lo Spazio. Permetterebbe una gestione più coordinata della politica nazionale, facendo massa critica dei fondi che arrivano al settore da più rivoli, dalla Difesa, dal Mise, dalle Regioni e dall’Europa (qui un focus sul tema).

ANCORAGGIO A NATO E UE

Altro segnale importante riguarda “l’ancoraggio per la proiezione estera” nell’alveo “delle organizzazioni e delle alleanze tradizionali”, leggasi Nato e Unione europea. Tale specifica segna il definitivo superamento del rischio di scivolamento ad est, temuto dai nostri storici alleati soprattutto all’indomani della presentazione della prima bozza del contratto di governo, in cui si chiedeva “la rimozione immediata” delle sanzioni alla Russia. L’Italia è euro-atlantica, e continuerà ad esserlo con questo governo, come confermato anche dalla partecipazione dei membri dell’esecutivo ai vertici di Bruxelles (di entrambe le organizzazioni).

LE MISSIONI INTERNAZIONALI

Tale ancoraggio, specifica ancora la nota, prevede anche il contributo “agli interventi necessari e vitali per la tutela degli interessi anche nazionali, prestando la massima attenzione nella destinazione delle relative risorse, a fronte dei costi associati”. Tale concetto si riferisce al dossier missioni internazionali, su cui l’esecutivo (che aveva promesso una “rivalutazione”) sembra procedere sulla scia del precedente governo, con la missione in Niger da poco sbloccata e la progressiva riduzione dei contingenti in Afghanistan e Iraq. Su questo si attende ancora il decreto di proroga degli impegni all’estero, visto che l’autorizzazione è scaduta lo scorso 30 settembre. Indiscrezioni arrivate da palazzo Baracchini sembrano comunque confermare la suddetta linea

PAROLA D’ORDINE “RAZIONALIZZAZIONE”

Ad ogni modo, si prevede “una graduale trasformazione dello strumento militare, razionalizzando i sistemi di difesa”. Questo il tasto dolente, che ha messo in subbuglio il comparto soprattutto per l’assenza di indicazione sui programmi oggetto di tale razionalizzazione. Il timore è che vengano toccati anche programmi già avviati, su cui le nostre aziende hanno investito e che ci vedono impegnati sul fronte internazionale. Ciò inciderebbe sulla credibilità del Paese, sulla capacità operativa delle Forze armate e su tanti posti di lavoro, per un comparto che occupa 45mila lavoratori diretti (160mila considerando gli indiretti e l’indotto). In ogni caso, si legge nella nota, “l’obiettivo è evolvere verso uno strumento militare moderno, efficace, efficiente, economicamente sostenibile, da impiegare con oculatezza in relazione alle priorità strategiche dell’Italia”. Per quanto riguarda la struttura della Difesa, anche in questo caso la parola d’ordine è “razionalizzazione”, sia del patrimonio immobiliare (trend seguito anche dal precedente governo) sia “in un’ottica di aggregazione interforze ed internazionale”. Il riferimento potrebbe essere il Libro bianco per la difesa, presentato nel 2015 e ancora in attesa di una piana attuazione.

IL FRONTE EUROPEO

D’altra parte, restano “cruciali” le cooperazioni internazionali, soprattutto quelle che si realizzano a livello europeo. “L’Italia intende sostenere e valorizzare le opportunità offerte dal Fondo europeo della Difesa (Edf,con 13 miliardi per il 2021-2027, ndr), che prevede finanziamenti sia per la ricerca tecnologica sia per lo sviluppo di capacità strategiche, nonché dal Programma europeo di sviluppo industriale per la Difesa (Edidp, già partito, ndr), finalizzato a supportare progetti di cooperazione industriale multilaterale tra aziende europee nel settore della Difesa”. La questione dirimente in questo caso è che, oltre alle dichiarazioni d’intenti, il sostegno si dovrà tradurre anche in una partecipazione finanziaria, dato che i fondi di Bruxelles non sono alternativi a quelli nazionali. Anzi, ne beneficerà chi metterà maggiori risorse, accompagnate dalla capacità di pressione in sede negoziale, soprattutto in questa fase di definizione delle regole del gioco.

LA SPINTA ALL’INNOVAZIONE

Poi, “il governo si impegnerà anche a sviluppare ulteriormente le politiche per l’innovazione e per la ricerca scientifica e tecnologica, con il contributo del mondo accademico, dell’industria e del settore privato”. Ottimo, peccato che questo si leghi agli investimenti nel comparto, che da sempre già rappresenta un’eccellenza tecnologica per il Paese, soprattutto considerando la percentuale di fatturato destinata a ricerca e sviluppo, la più alta rispetto agli altri comparti (certificato da molti studi sul tema). D’altra parte, investire in grandi programmi (soprattutto internazionali) significa restare al passo con l’innovazione e non subire gap tecnologici che potrebbero durare decenni. In ogni caso, il riferimento resta il paradigma “multipurpose-by-design”, inteso come una ricezione delle “esigenze operative delle Forze armate”, che “proceda allo sviluppo di tecnologie abilitanti e correlate capacità militari a molteplice scopo”.

TRA MINACCIA CIBERNETICA E RESILIENZA ENERGETICA

Infine, nella nota si fa riferimento anche alla minaccia cibernetica e sicurezza energetica. Nel primo campo (“fattore ad elevato rischio”), il governo intende sviluppare “programmi di acquisizione per accedere a strumenti operativi ad alto contenuto tecnologico, al fine di preservare la protezione e la resilienza dei sistemi e delle reti strategiche nazionali”. Sul secondo aspetto, “si opererà per il raggiungimento di elevate capacità di resilienza energetica, per la riduzione dei consumi e dei fabbisogni nonché per la produzione e l’approvvigionamento da fonti eco-sostenibili”.

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