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L’Europa (in)difesa. Tutte le mosse di Bruxelles

Difesa, l’importanza di decidere. Il corsivo di Alegi

errori. governo, difesa, def

Il 5 novembre la Difesa italiana avrà un nuovo vertice. Il generale Claudio Graziano è stato infatti scelto quale presidente del Comitato militare dell’Unione Europea e deve trasferirsi a Bruxelles in quegli stessi giorni per assumere il prestigioso incarico, succedendo al collega greco Mikhail Kostarakos. Si tratta di un importante riconoscimento dell’impegno dell’Italia nelle missioni militari dell’Europa e, più in generale, nel non facile processo di costruzione di un’identità e di una capacità di difesa comune.

A questo aspetto, senz’altro positivo, si accompagna purtroppo l’incertezza per la successione in sede nazionale. A 17 giorni da un evento improrogabile, il successore di Graziano non è stato ancora individuato. Il governo Conte si è riunito 23 volte, senza decidere, così come dopo la decisione europea aveva fatto 30 volte quello Gentiloni. Secondo ogni logica l’incarico di Capo di Stato Maggiore spetterebbe all’Aeronautica Militare, da sempre sottorappresentata negli incarichi di vertice della Difesa e spesso penalizzata per motivi che nulla avevano a che fare con le capacità espresse dalla forza armata e dalle persone.

Il vero punto è però un altro. Decidere solo all’ultimo momento rende molto difficile una gestione ordinata della transizione, non solo al vertice ma lungo l’intera catena degli avvicendamenti che ogni promozione comporta. Proprio per questo l’Europa ha annunciato la nomina di Graziano con un anno d’anticipo, il 7 novembre 2017. Altrettanto si fa in campo privato: pochi giorni fa Airbus ha annunciato con sei mesi di preavviso il nome di chi diventerà amministratore delegato nell’aprile 2019. In Italia, invece, è incerta anche la data della prossima riunione del Consiglio dei ministri.

La decisione anticipata – anzi, nei tempi giusti – permette alle organizzazioni di concentrarsi sull’attività reale anziché sul totonomine, evitando il formarsi di schieramenti e la ricerca di appoggi di qualsiasi genere. Le anticipazioni che si susseguono sulla stampa sono – prima ancora che possibili tentativi di influire sulle libere scelte del governo, in questa o quella direzione – il segnale di un malessere per un’incertezza dannosa per il solo fatto di esistere. Se il siparietto al quale si è assistito ieri a Ostia ne è la conferma più chiara, non si può dire che le cose siano sempre andate meglio in passato. Basti pensare che qualche anno fa un capo di Stato maggiore della Difesa ricevette una proroga via sms mentre si stava recando a un importante evento all’estero.

L’Italia, insomma, fa l’esatto contrario delle istituzioni internazionali nelle quali, del tutto legittimamente, ambisce ad avere più voce in capitolo e maggiore attenzione per i propri altrettanto legittimi interessi. È una caratteristica purtroppo non nuova e che spesso rende difficile dimostrare nei consessi internazionali quanto sappiamo fare, perché gli interlocutori non sanno come valutare il peso e l’autorevolezza dei rappresentanti italiani.

In questa difficile situazione, come nelle altre, il rischio è di rendere ancor più difficile agli uomini e alle donne delle forze armate di continuare a lavorare con serenità, compiendo fino in fondo il proprio dovere, senza lasciarsi tentare dalla dietrologia e senza schierarci con interessi diversi da quelli dell’Italia. Soprattutto per quanti sono affettivamente vicini alle forze armate, è importante ricordare che il comportamento di ciascuno diventa, per chi le conosce meno, l’indicazione dell’atteggiamento di tutti. Ciò è reso ancor più importante in un momento in cui la Difesa, già in precario equilibrio dopo decenni di sottofinanziamento, sembra essere chiamata per l’ennesima volta a fare da bancomat per questo o quel progetto caro alle forze politiche.

Se siamo certi che il governo saprà valutare nel modo giusto individui e situazioni, riconoscendo il merito e il carattere di ciascuno, è anche importante che la decisione venga presa nei tempi giusti per consentire alla Difesa di concentrarsi solo sui compiti che la Costituzione, la legge e il buon senso le affidano.

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