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Elezioni a rischio in Kurdistan, tra brogli elettorali e stallo del potere

kurdistan

Le elezioni nel Kurdistan iracheno sono a rischio. Ad un anno dal referendum, naufragato, per l’indipendenza della regione, il partito politico del Puk (Unione Patriottica del Kurdistan), tra i maggiori esponenti politici, ha dichiarato che non riconoscerà l’esito delle votazioni per il rinnovo del Parlamento che si sono svolte ieri nel Paese. E la motivazione sarebbe da ricondurre a presunte violazioni nelle procedure di voto avanzate dallo stesso Puk, insieme alla competizione, ormai alla luce del sole con l’altro partito al centro della vita politica odierna del Paese, il Kdp (Kurdistan Democratic Party).

Una situazione complicata e ingarbugliata, alla quale si aggiunge la prima sessione parlamentare, prevista per oggi, per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. L’appuntamento, previsto per le diciannove di oggi, potrebbe, d’altra parte, favorire il delineamento di futuri scenari ed equilibri politici della regione, favorendo una risoluzione della condizione di stallo, anche se, ad oggi, gli interrogativi restano ancora maggiori delle sicurezze.

ACREDINE TRA I PARTITI

Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, le due forze a contendersi il potere nel Paese sono rimaste il Kdp e il Puk, trovando un accordo che, di fatto, ha regolato le relazioni tra le maggiori forze politiche curde irachene fino allo scorso anno. Un’intesa che, però, ha retto secondo questa formula fino allo scorso anno: a farla saltare, infatti, è stata l’uscita di scena dei due leader, che fino a quel momento erano riusciti a gestire il potere in maniera controllata. Prima le dimissioni di Barzani dalla presidenza del Kurdistan iracheno, poi la morte di Talabani.

In questa tornata elettorale, dunque, considerando come nel Paese il malcontento cresca insieme alla corruzione e alle difficoltà economiche, è inevitabile che gli scontri tra le due forze vadano assumendo toni ben lontani dalle aspirazioni e dalla speranze degli stessi leader dei due partiti.

Questo, insieme alla tensione che negli ultimi mesi non ha fatto altro che accentuare il sospetto generale sulla conduzione politica della regione, ha portato al corto circuito elettorale. In una dichiarazione a Reuters riguardo le ultime mosse elettorali, il leader del Kdp ha accusato il Puk di “prendere misure che sono una seria minaccia per la credibilità delle elezioni parlamentari”, come ad esempio costringere gli amministratori elettorali a fornire certificati falsi alle persone per consentir loro di votare.

Insomma irregolarità che sarebbero diffuse e generalizzate, rilevate anche dagli stessi corrispondenti di Reuters, che alimentano le critiche all’establishment curdo e lasciano con il fiato sospeso in attesa dei risultati. “Se non ci sono frodi in queste elezioni, mi sentirò bene. Ma i partiti al potere vogliono sempre commettere frodi, è l’unico modo per rimanere al potere”, ha detto un avvocato di 65 anni, intervistato nella roccaforte Puk di Sulaimaniya. In ballo, d’altronde, ci sono 111 seggi, di cui 11 riservati alle minoranze etniche.

DICHIARAZIONI E SMENTITE

L’intenzione da parte del Puk di riservarsi il diritto di non riconoscere i risultati delle elezioni parlamentari di domenica è dunque appesa a un filo. E le presunte e possibili violazioni nel processo di voto sollevate dallo stesso partito, gettano incertezza in un Paese già sufficientemente angosciato e demotivato per un processo di indipendenza che sembra ormai sull’orlo del fallimento. Tuttavia tutto sembra ancora in via definizione.

E se in precedenza Karwan Anwar, capo dell’ufficio stampa del Puk aveva dichiarato sempre a Reuters come il partito avesse deciso di rifiutare il risultato in tutte le province, successivamente alcuni funzionari dello stesso hanno smentito la notizia, affermando che i tempi sono ancora prematuri per giudicare gli esiti in via definitiva.

ELEZIONI PRESIDENZIALI

A questa delicata situazione si aggiunge la prima sessione parlamentare, prevista questa sera, per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Appuntamento fondamentale anche proprio per tentare di sbloccare lo stallo tra le forze politiche.

Gli otto candidati in lizza sono: l’ex premier curdo Barham Saleh, candidato del Puk; Fuad Hussein, ex capo del personale della presidenza del Kurdistan iracheno, candidato dal Kdp; l’ex deputata Sarwa Abdel Wahid; l’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede Omar al Barzanij; il deputato del movimento Gorran Sardar Abdullah; l’esponente del Puk Abdul Ratif Rashid; Salim Hamza e Kamal Kutaili. I primi due sono considerati al momento i favoriti.


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