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Sogno un’Europa popolare. Senza Salvini e Le Pen. Parla Daul (Ppe)

Mancano due settimane all’apertura del congresso del Partito popolare europeo (Ppe) ad Helsinki. 700 delegati da tutta Europa si ritroveranno per (ri)scoprire il dna dei popolari e soprattutto eleggere lo Spitzenkandidat per la Commissione Ue. È questa in fondo la vera partita delle elezioni europee del maggio 2019. La maggioranza al Parlamento Ue è condizione necessaria per lasciare un’impronta sui prossimi cinque anni di riforme. Ma la successione a Jean-Claude Juncker alla guida dell’esecutivo europeo è la vera chiave di volta per “cambiare l’Ue”, un mantra ripetuto tanto dagli euroscettici quanto da chi, come i popolari, governa l’Unione da anni e vanta oggi il record di capi di Stato e di governo europei. Lo sa bene Joseph Daul, presidente del Ppe dal 2013. Settantuno anni, francese, in queste settimane il n.1 del partito è preso dai preparativi del congresso. Intervistato da Formiche.net, preferisce parlare il meno possibile di alleanze e accordi post-voto. Ha fama di essere uomo di dialogo, anche con quei popolari un po’ anomali come Silvio Berlusconi, Sebastian Kurz, Viktor Orban, che altri nel partito faticano ad accettare. Daul ha però un’idea chiara di chi deve restare fuori dalle trattative: un’alleanza con il Fronte delle Libertà di Matteo Salvini e Marine Le Pen “non è un’opzione per il Ppe”.

Presidente Daul, cosa c’è in ballo con le elezioni europee di maggio?

Sono un’opportunità per i cittadini europei di determinare il corso del nostro continente per i prossimi cinque anni. I populisti guadagnano consensi in tanti Stati membri, è un trend preoccupante per l’Europa intera. Noi continueremo ad essere un fattore di stabilità e a far fronte alle sfide con solidarietà e responsabilità. Il voto di maggio avrà inoltre un impatto doppio.

Perché?

Sarà un voto per il parlamentare designato, ma anche per il candidato alla presidenza della Commissione Ue. Il Ppe ha proposto e adottato per le elezioni europee il sistema dello Spitzenkandidat. Prima di sottoporsi alle urne i partiti politici europei propongono un candidato per guidare la Commissione. È un passo avanti per rendere l’Unione più democratica, darle un volto e avvicinarla ai cittadini.

Per avere una maggioranza in Parlamento occorre un’alleanza. Valuterete un’alleanza post-voto con il “Fronte delle Libertà” di Matteo Salvini e Marine Le Pen?

I nostri valori sono incompatibili con ciò per cui si battono Marine Le Pen e Matteo Salvini. Un’alleanza con loro non è un’opzione per il Ppe. Ciò non vuol dire che non ascolteremo le persone che voteranno per loro e non faremo nostre le loro preoccupazioni.

Cosa vi divide dagli euroscettici?

Loro tirano fuori i problemi, ma non offrono soluzioni concrete alle preoccupazioni delle persone, a parte il tentativo di distruggere l’Ue e il ritorno al nazionalismo e all’isolamento, che in passato hanno già portato il nostro continente alla rovina.

Come si spiega dunque il loro successo?

Giocano sulle paure delle persone, sfruttandole a loro vantaggio. È vero, gli euroscettici guadagnano consensi, ma finora hanno dato prova di essere divisi, spesso isolati, incapaci di offrire soluzioni concrete, fattibili e di lungo periodo al di fuori di slogan e idee miopi.

Ci può fare qualche esempio?

Basta dare un’occhiata ai promotori della Brexit, che hanno sotterrato le loro responsabilità dimettendosi e lasciando il Paese in balia delle conseguenze delle loro bugie. O a Syriza, che ha preso il potere in Grecia promettendo l’impossibile, arrivando quasi a distruggere il Paese salvo poi ammettere che da solo non avrebbe potuto salvarlo. E infatti alla fine è stato salvato dalla solidarietà europea.

Con i socialisti invece un accordo è possibile?

Per un accordo futuro dobbiamo prima ascoltare la voce dei cittadini europei alle prossime elezioni e solo poi vedere come muoverci e valutare eventuali negoziati. Con i socialisti rimangono comunque divergenze.

Quali?

Il Ppe difende l’Economia Sociale di Mercato, che si traduce nella libertà individuale e in un’economia competitiva e al tempo stesso nella protezione dei più vulnerabili. Se vogliamo che tutti nella società abbiano una fetta di torta, dobbiamo prima pensare a come rendere la torta più grande. I socialisti spesso si scordano di quest’ultima parte, e finiscono per supportare politiche fiscali irresponsabili che aumentano il debito pubblico e mettono sulle spalle delle generazioni future il fardello delle decisioni di oggi. Le famiglie italiane sono fra le più responsabili in Europa, con alti tassi di risparmio e pochi debiti, perché sanno di non poter spendere i soldi che non hanno. È tempo che i governi seguano il loro esempio. Sono i governi, non l’Europa, ad aver fatto dei debiti.

Su sicurezza e mercato siete sulla stessa linea d’onda?

Vogliamo creare una vera unione della Sicurezza e della Difesa per proteggere i nostri cittadini, e su questo abbiamo spesso riscontrato la resistenza dei Socialisti. È il caso ad esempio del Passenger Name Record, uno strumento che raccoglie i dati di chiunque entri in Ue per combattere il terrorismo e il crimine organizzato. Quanto al mercato, crediamo nelle opportunità create dall’aumento delle relazioni commerciali con i nostri partners nel mondo, purché siano basate su regole corrette.

Gli euroscettici continuano a dire che l’Ue deve cambiare. Su questo siete d’accordo?

Il mondo è in continuo cambiamento per l’innovazione tecnologica, la globalizzazione e l’instabilità, e anche l’Ue deve cambiare per adattarsi alle nuove sfide: trovare una soluzione comune e durevole alle sfide dell’immigrazione; proteggere la sicurezza, sia fisica che economica, dei nostri cittadini; prepararli all’economia globalizzata e digitale, perché tutti ne possano trarre benefici; rendere le nostre economie più resilienti, cosicché i soldi dei contribuenti non debbano più essere usati per salvare le banche; lottare contro il cambiamento climatico.  Il Ppe ha sempre avuto a cuore le preoccupazioni dei cittadini e le riforme necessarie a soddisfarle, e continuerà a farlo, senza mai dimenticare quanto lontani siamo arrivati come Unione.

Qual è il suo bilancio?

L’Ue ha portato pace a un continente che era continuamente in guerra, ci ha permesso di ricostruire dopo le macerie della Seconda Guerra Mondiale e di essere protagonisti sullo scenario internazionale, divenendo la seconda economia al mondo. Ha supportato nel loro percorso verso la libertà, la democrazia e la prosperità Paesi usciti da decenni di dittatura comunista. E, giorno dopo giorno, protegge i suoi cittadini, permette loro di viaggiare, studiare e lavorare liberamente ovunque e assicura loro i più alti standard al mondo in termini di salute, qualità del cibo, protezione dell’ambiente e del consumatore. Ovviamente è difficile rendersene conto quando i politici nazionali si prendono il merito di tutte le conquiste dell’Ue – come la fine delle tariffe roaming, che ha permesso ai cittadini europei di usare il loro cellulare in Ue senza costi aggiuntivi – e al tempo stesso danno all’Ue la colpa delle decisioni impopolari, anche quando le hanno loro stessi votate a Bruxelles.

Il Ppe si rifà ai padri fondatori dell’Ue: Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer. Cos’è rimasto della loro eredità politica?

I valori rimangono gli stessi, ma si traducono in azioni e decisioni adattate alla realtà di oggi. I tre pilastri della Democrazia Cristiana sono ancora il nostro compasso morale. L’unicità della persona (da cui derivano i valori di libertà, sussidiarietà, solidarietà, che va di pari con la responsabilità, uguaglianza, giustizia e verità), l’economia sociale di mercato, l’amore per l’Europa. Questi valori sono nel nostro Dna e ci tengono compatti, tanto più in tempi difficili come questi.

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