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Huawei e 5G, è una questione di sicurezza nazionale. Parla Esposito

5G, Huawei

“Per alcuni appalti relativi a specifiche tecnologie sensibili – come accade altrove – credo che serva una legge speciale che definisca che si debbano poter saltare le procedure europee e affidare ad aziende italiane e certificate queste commesse”.
Giuseppe Esposito, già vice presidente del Copasir, il comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti, torna a parlare con Formiche.net del delicato tema del ruolo strategico delle reti, della presenza sul mercato italiano di colossi cinesi come Huawei e Zte e delle prossime mosse della Penisola sul 5G, una tecnologia abilitante che nei prossimi anni farà le differenza.

Da senatore e componente del Copasir ha sollevato più volte il tema della sicurezza e del ruolo strategico delle reti. Perché?

Ci si preoccupa tanto dei device, ovvero di ciò che può accadere con l’utilizzo di smartphone, tablet o pc non sicuri, ma non viene ancora posta la giusta importanza sul ruolo dell’infrastruttura. Chi controlla le reti controlla tutte le informazioni, anche h24. Sul tema ho fatto la mia prima interrogazione parlamentare nel 2012, perché nel 2011 ci fu un accordo strategico di Huawei nel campo della videofonia con Telecom e Wind, che in quel momento si dividevano il mercato della PA. Mentre alla fine della scorsa legislatura ho promosso, insieme ad altri colleghi del Copasir, un documento contenente raccomandazioni per l’utilizzo e la sicurezza dei captatori informatici, che possono costituire “cavalli di Troia” anche per governi stranieri.

Quali erano i suoi timori? E che risposta c’è stata rispetto ad essi?

Dalle nostre reti transitano tutte le informazioni e i dati riguardati asset critici della nazione, penso a quelli della diplomazia, della difesa o a quelli energetici. Purtroppo da questo punto di vista i governi che si sono succeduti dal 2011 in poi non hanno fatto molto, anzi, nonostante non solo i nostri appelli ma anche i timori più volte sollevati dalla nostra intelligence, che ha strutture dedicate a questo genere di problematiche.

In questi giorni si parla molto del ruolo dominante di un colosso cinese come Huawei nella fornitura di tecnologia e infrastruttura per il 5G in Italia. Come la pensa in proposito?

Ci tengo a precisare che io non demonizzo le aziende cinesi in quanto tali. La mia è una battaglia che riguarda l’autonomia e la sicurezza delle nostre infrastrutture. Tuttavia è un dato di fatto che i colossi di Pechino – Huawei ma anche Zte e Supermicro – gestiscano ormai circa il 90% delle reti mondiali. Questa predominanza sul mercato è frutto di una campagna molto aggressiva portata avanti per anni, che ha di fatto estromesso molti competitor. Ora le loro infrastrutture costano quanto le altre, ma sono di fatto quasi un monopolio. E i monopoli, quando non sono sotto il controllo nazionale, rischiano di sfuggire di mano. Non è un caso che in Paesi molto attenti alla sicurezza nazionale – penso a Stati Uniti, Israele o al Regno Unito – alcune aziende, sovente cinesi vista la situazione che ho delineato – siano impossibilitate a partecipare a gare per fornire questo genere di tecnologia.

Gli Usa sono ai ferri corti con Pechino proprio su questo tema, che l’amministrazione americana sta affrontando anche attraverso dazi. Crede che i contatti sempre più frequenti tra il governo italiano e quello cinese possano danneggiare le relazioni transatlantiche?

Allo stato attuale non credo. Siamo partner privilegiati di Washington, a un livello più stretto e più alto di Pechino, e credo che tali resteremo. Gli attriti tra Usa e Cina sono anche di natura commerciale, mentre il nostro mercato è troppo piccolo per infastidire qualcuno. Resta il fatto che, da un nostro punto di vista nazionale, non giovi a mio parere trascurare la questione. Occorre che il Parlamento e il governo si attivino, anche per non cadere preda di competitor più vicini, potenzialmente amici, ma ugualmente pericolosi per il nostro interesse.

A chi si riferisce?

Sappiamo bene che l’Europa è una creatura incompiuta, dove sono ancora forti egoismi e legittime ambizioni nazionali. Finché non avremo servizi segreti europei, una difesa europea e una governance politica europea penso che dovremo ragionare in modo differente da come stiamo facendo ora. E credo che siano diverse le operazioni che vadano realizzate nel modo più rapido possibile.

Cosa suggerisce a Parlamento e Governo?

Continuo a pensare che sia pericoloso non avere nessun ente certificatore in Italia che si occupi in modo specifico di infrastrutture critiche. Così come ritengo che serva una legge speciale che definisca che per alcuni appalti relativi a specifiche tecnologie sensibili – come accade altrove – si debbano poter saltare le procedure europee e affidare ad aziende italiane e certificate queste commesse, incentivando e sostenendo anche le nostre giovani e talentuose start-up.



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