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Il gioco di sponda di Tria tra Confindustria, Di Maio e lo spread

fitch tria

Diciamo la verità, era l’unica cosa che poteva fare. Non era facile per Giovanni Tria, ministro dell’Economia sottoposto a una pressione che più forte non si potrebbe, convincere gli imprenditori accorsi in Confindustria per ascoltare le previsioni, brutte, sull’economia italiana (qui l’altro articolo pubblicato su Formiche.net). Lo stato d’animo in sala Pininfarina, settimo piano del grande palazzo nerastro dell’Eur, era abbastanza cupo, complici i numeri impietosi appena diffusi dal direttore del Centro Studi, Andrea Montanino.

Eppure Tria è riuscito della missione quasi impossibile di dire agli imprenditori quello che volevano sentirsi dire. Il debito calerà, gli investimenti arriveranno e no, il reddito di cittadinanza non è proprio una truffa. Al contempo, difendere l’operato gialloverde in materia di conti pubblici, su cui il ministro non è stato proprio d’accordo in più occasioni. Certo, finito il convegno, Tria è sgommato a Palazzo Chigi, dove lo attendevano Luigi Di Maio e Matteo Salvini, di pasta ben diversa rispetto agli industriali. Ma per almeno un paio d’ore la musica ascoltata è stata quella giusta.

Tria, reduce da una nottata a Palazzo Chigi con Salvini, Di Maio e Conte, è entrato subito in sintonia con le imprese. “Riteniamo fondamentale la riduzione del debito pubblico per questo assicureremo per l’anno prossimo una riduzione del debito e un aumento del tasso di crescita dell’economia, stiamo ancora lavorando al profilo di deficit che sia coerente con questi fini”. Ancora, il deficit, specie di male oscuro per l’Europa. Certo, nel 2019 il disavanzo aumenterà, quasi sicuramente al 2,4% ma per poi calare progressivamente. Ci sarà “uno scostamento dagli obiettivi concordati con la commissione europea dal precedente governo” per poi fare spazio a “un graduale ridursi del deficit negli anni successivi”.

Ma la punta di diamante sono gli investimenti. Perché Tria ha ribadito quello che già nei giorni scorsi il suo consigliere Pasquale Lucio Scandizzo aveva scritto su questa testata. E cioè l’attivazione entro l’anno di una task force sugli investimenti, in grado di individuare i cantieri col maggior impatto sull’economia reale. Un’ultima nota per il reddito di cittadinanza. Le imprese non temano soldi sottratti al bilancio pubblico e distribuiti a chicchessia. Perché sull’erogazione della misura tanto cara a Di Maio, vigilerà nientemeno che la Guardia di Finanza, alle dirette dipendenze del Tesoro.

Fin qui rassicurazioni non scontate vista l’immane pressione che grava sul ministro ormai da giorni. Un gioco di sponda che però non sarebbe mai riuscito senza gli assist di Luigi Paganetto, vicepresidente di Cdp e uomo della stessa scuola di Tria, quella di Tor Vergata. L’economista non ha esitato ad alzare un primo scudo a difesa del ministro, quando subito dopo la presentazione del rapporto, ha detto di “avere un’aspettativa migliore” per i prossimi mesi e che le “aspettative possono essere migliori di quelle di Confindustria”.

Ma anche Salvini e Di Maio andavano accontentati in qualche modo e il ministro, abilmente, ci è riuscito. Per esempio precisando come lo sforamento del deficit “non sfascerà i conti italiani” e che il reddito di cittadinanza “è una misura che in qualche modo può combattere chi oggi prova sentimenti contro l’Europa”. A proposito, dopo che Tria ha parlato lo spread è sceso a 292 punti.

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