Oggi sono stato intervistato in diretta su Rai Radio Uno sul seguente tema: i giovani guardano all’Europa come unica opportunità nel loro futuro, ed allo stesso tempo l’Europa è oggi sottoposta ad un attacco durissimo e diffuso. Come è possibile?
‘Semplice’, ho risposto, ‘i giovani soffrono di presbiopia’.
Un paradosso (visto che la presbiopia è un disturbo della vista tipico dell’età avanzata, certo non dei giovani) che è piaciuto, ma che occorreva spiegare. Non avendo che la possibilità di qualche battuta, in radio, approfitto di questo spazio per argomentare un po’ meglio.
A me, che lavoro quotidianamente a contatto coi giovani, pare evidente che soffrano di presbiopia europea: quando mi capita di spiegargli che l’Europa non ha competenze sui migranti (sono i governi che si consultano e decidono), che le decisioni importanti sono prese all’unanimità, che il bilancio di funzionamento della Ue è meno dell’1% del Pil, che ciascuno persegue politiche energetiche autonome nonostante esista una ‘politica energetica comune’, etc vedo sguardi smarriti. Dopo essersi ripresi, provano ad accennare a qualche dubbio: “Ma, com’è possibile?”. Evidentemente quell’immagine stona con la forma che nella loro testa ha assunto il sistema delle istituzioni europee.
I nostri giovani non solo danno per scontate le conquiste acquisite con la Ue (come la libertà di circolazione grazie a Schengen, e infatti non capiscono bene cosa significhi che adesso l’accordo è sospeso in vari paesi), ma sono fermamente convinti che vi sia in Europa una qualche forma di sovranità collegiale condivisa. In tanti settori, per giunta. Che invece è proprio quello che manca; che è l’obiettivo da realizzare e, ad oggi, di là da venire: ecco perché parlo di presbiopia.
Ma allora, come fa a conciliarsi tutto questo con la recente ondata di sovranismo nazionalista? Semplice: quest’ultimo è figlio dell’incapacità della Ue di reagire alle crisi degli ultimi anni (economico-finanziaria, migratoria, di sicurezza) in maniera solidale, con l’esercizio congiunto della sovranità. Di fronte alle varie emergenze non si è presentata l’Europa, ma un simposio di capi di stato e di governo incapaci di mettere d’accordo i loro interessi. Si è creata così una contrapposizione fra gl’interessi dei governi europei di turno seduti in Consiglio e quelli dei loro cittadini, molto più simili e concreti di quelli dei loro governanti.
D’altronde, se non abbiamo ancora una sovranità europea, è logico guardarsi indietro cercandola ancora nelle ceneri di quella nazionale. Un’illusione, certo. Soprattutto in un mondo dove la competizione globale fra soggetti di dimensione continentale è sempre più agguerrita. Ma è un’illusione comprensibile.
Siamo insomma divisi fra una generazione-Erasmus che sopravaluta le possibilità concrete della Ue, e la sempre più rabbiosa denuncia delle sue carenze, che porta a guardare con disprezzo alla Ue ed a sognare il ritorno a forme nazionali di solidarietà.
Le responsabilità di questa dicotomia sono in capo a coloro che stanno in mezzo, e che ci hanno guidato in questi ultimi anni. Solo con una visione chiara di quello che ancora manca, che ancora deve essere costruito per dare una forma innovativa ed efficace al sistema delle istituzioni europee, è possibile sconfiggere le pericolose illusioni nazional-sovraniste e dare una prospettiva corretta di futuro ad una generazione sempre più smarrita.
Solo recuperando il progetto originario di costruzione di una sovranità europea condivisa è possibile fornire ai giovani quei beni pubblici essenziali alla crescita personale e collettiva di cui hanno urgente bisogno: prospettive di lavoro dignitose, reti di trasporto e comunicazione all’avanguardia, fonti energetiche alternative, alta formazione capace di creare professionalità e competenze critiche per assicurare innovazione continua alle aziende; e tante altre cose ancora.
Altrimenti, lo smarrimento lascerà spazio alla rassegnazione. E una intera generazione rassegnata, a venti-trent’anni, è la più grande sconfitta per un paese.