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Tra manager e governo non è tempo di luna di miele. Ecco perché

Forse, a forza di parlare di reddito di cittadinanza e assalto alla Fornero, ci si è un po’ dimenticati che il sale dell’economia è nelle piccole cose. Magari, chissà, nelle piccole imprese che da questa manovra forse si aspettavano qualcosa in più. Un taglio fiscale mai arrivato e una spintarella all’innovazione. Niente di tutto questo, almeno secondo i dirigenti di Federmanager riuniti questa mattina al teatro Capranichetta per presentare due proposte inserite nella legge di Bilancio e in attesa di superare il vaglio del Parlamento, è stato cercato e dunque ottenuto.

Prima proposta, la possibilità di prevedere un premio fino a 40mila euro per quelle imprese che decidono di affidarsi a un professionista dell’innovazione, un manager, per un periodo di tempo limitato. E questo per aggiornare i business plan laddove manchino le competenze necessarie oppure vi sia un problema di staffetta generazione al vertice dell’azienda.

Seconda idea, uno sgravio fiscale per le somme di fine rapporto percepite dai dirigenti e da essi eventualmente reinvestite in Pmi operanti in settori innovativi. In pratica, presa la buonuscita o il Tfr, il manager che reinveste parte della quota in una startup può ottenere delle agevolazioni Irpef.

Il dibattito in scena tra il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, (nella foto), e il sottosegretrio al Lavoro, Claudio Durigon, ospite dell’evento al Capranichetta, ha però fatto emergere la poca sintonia attuale tra le categorie produttive e professionali, come i manager ma non solo, e l’attuale governo. I segnali del grande freddo sono stati più di uno. Innanzitutto il tema pensioni.

Federmanager da tempo si batte contro il taglio delle pensioni oltre i 4.500 euro quelle comunemente bollate come d’oro. Come ha più volte sottolineato lo stesso Cuzzilla, sarebbe pura follia andare a toccare il lavoro di una vita solo per mandare un segnale all’elettorato. Per tutta risposta Durigon ha invece rivendicato la bontà della misura: “Abbiamo sempre detto però che il meccanismo deve essere quello della contribuzione non della retribuzione. Contano i contributi, per dare un segnale di equità a chi fino ad oggi ha percepito pensioni oltre i 4.500 euro”.

Altro bivio pericoloso, la quota 100 e la revisione della legge Fornero. Qui il nocciolo della questione è il capitale umano. I manager non sono per nulla convinti che un anticipo dell’età pensionabile con contributi a 36 anni rappresentino quella boccata di ossigeno di cui il mercato del lavoro necessita. Ma al governo la pensano diversamente. “Sono orgoglioso che la revisione della Fornero sia uno dei cardini della manovra, una misura che porta il nome di Matteo Salvini“, si è difeso Durigon nel corso del suo breve intervento.

“La quota 100 darà alle imprese proprio quella innovazione che oggi qui voi (i manager, ndr) chiedete. Può portare le nostre imprese a innovarsi e finalmente competere come mai fatto finora, sarebbe bene ricordarsene ogni tanto. Ho sentito dire che i dirigenti, come gli imprenditori, sono stanchi di non vedere proposte per le imprese. Però mi chiedo, dove stava la stanchezza quando c’erano i precedenti governi che hanno portato a tutto questo? Perché la sensazione è che certe politiche che hanno portato a tutto questo siano state avallate piuttosto che combattute”.

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