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Oltre il Def. Europa e downgrade, le (vere) paure degli investitori

Sì, quello di venerdì è stato il classico venerdì nero. Borsa a -3,7% e spread pericolosamente vicino a 270 punti base. Colpa del Def, certo (qui l’intervista a Roberto Sommella), ma non solo, dietro al crollo si nascondo dei presagi e non certo rosei. Si dice che gli investitori abbiano spesso l’occhio più lungo della politica.

E forse pochi giorni fa è stato proprio così. Cioè, al netto dell’effetto deficit al 2,4%, ad allontanare per un giorno gli investitori dai listini ha contribuito la profonda convinzione che da qui a qualche settimana arriverà un downgrade generalizzato dell’Italia. Non solo. Un rapporto con l’Ue che sarà stressato come non mai.

Non c’è dubbio che la vittoria della linea Salvini-Di Maio sul deficit, che ha di fatto stravolto i paletti europei che fissavano il disavanzo all’1,6%, abbia messo una certa paura a chi ogni giorno ci compra i debito. Perché un Paese con 2.300 miliardi di debito che finanzia le sue misure sociali ed economiche ricorrendo al deficit, per giunta nemmeno crescendo, non piace a nessuno. Eppure questa mattina i mercati raccontano una realtà diversa. La Borsa sembra essersi dimenticata del Def, segnando un rialzo dello 0,8% mentre lo spread viaggia sui 268 punti base. Dunque tutto finito? Tutto dimenticato?

Nemmeno per sogno. La verità dietro il venerdì nero è contenuta in un report diffuso questa mattina e recante la firma di Erik Nielsen, capoeconomista di Unicredit. Il fatto è che l’occhio dell’investitore è andato ben oltre agli effetti immediati dell’extradeficit sui listini. Secondo la banca, gli investitori hanno intravisto innanzitutto un downgrade congiunto Fitch-Moody’s e S&P ma anche uno scontro frontale tra governo gialloverde ed Europa in vista delle elezioni europee del prossimi maggio.

Se le agenzie di rating bocceranno l’Italia, come sembra, saranno guai seri. Lo spread non scenderà, anzi si allargherà decisamente di più, scrive Nielsen. Il rischio è che la riduzione del rating porti l’Italia appena sopra una tacca sopra il livello di junk (spazzatura), da almeno una delle agenzie più importanti, ma è possibile che ciò accada anche con tutte e tre le maggiori messe insieme.

Vale la pena ricordare come il debito italiano sia oggi per Fitch BBB con outlook Negativo (aggiornamento al 31 agosto 2018), per Moody’s Baa2 e rating watch negativo (decisione del 7 settembre 2018), per S&P BBB Stabile (27 ottobre 2017), per l’agenzia DBRS BBB (high) Stabile (13 gennaio 2017). Il 26 ottobre S&P deve esprimersi di nuovo sull’Italia e questo appuntamento ha messo in agitazione i mercati.

Per Nielsen gli investitori, venerdì scorso, hanno fiutato problemi di illiquidità, il vero killer, non l’insolvenza o qualunque cosa ciò possa significare per una nazione sovrana. Ovvero rimanere senza i soldi necessari per far funzionare il Paese e questo perché ci potrebbe essere una fuga da parte di chi ci presta 400 miliardi di euro, comprandoci titoli pubblic. “La lotta dell’Italia non dovrebbe essere con Bruxelles o con chiunque altro. L’attenzione deve essere rivolta ai risparmiatori italiani e a quelli esteri e alla loro decisione di finanziare, o non finanziare, le politiche italiane”, si legge nel report.

L’economista di Unicredit cita persino Matteo Salvini. E non sono belle parole. In Unicredit sono convinti che il vicepremier sia propenso ad cercare lo scontro con l’Europa. In sintesi, conclude il report, Salvini ha messo gli occhi sulle elezioni europee del prossimo maggio. “Questo lo porrebbe in linea con i suoi amici in altri partiti nazionalisti distribuiti in tutta Europa (e in Russia) che considerano le elezioni europee come come un’opportunità per rimodellare radicalmente, quindi interrompere o invertire la cooperazione comunitaria. Senza dubbio, questa è una prospettiva politica problematica”.

Un timore, quello di Unicredit, condiviso anche dai grandi fondi di investimento. Davide Cipparrone, director e partner del network Mangusta Risk Uk, spiega a Formiche.net il suo punto di vista, che parte essenzialmente da questo assunto. Non cadiamo nel tranello “alla lunga questa manovra non piacerà ai mercati e ce lo faranno capire. Io prevedo che da qui a qualche settimana i rendimenti per garantirci compratori saliranno”, spiega Cipparrone.

Il punto è che all’estero “non stanno capendo cosa vuol fare questo governo. Nel Def non è chiaro come si spendono i soldi e questo crea agitazione. Non siamo ancora al fuggi fuggi, ma presto potremmo esserci. Ci sono due cose che stanno preoccupando in questo momento gli investitori. Primo, si profila uno scontro con l’Europa da parte della Lega e questo non piace nemmeno un po’ a chi ci compra il debito. E poi c’è in Italia una sorta di demonizzazione dei mercati. Sono visti come una specie di male oscuro, almeno da questa classe politica e questo dopo un po’ li spinge lontani perché si sentono minacciati, non operano serenamente. In conclusione non mi aspetto particolari sconquassi, ma certamente un effetto trascinamento, al rialzo, dei tassi, ci sarà”.

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