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Occhio, chi lavora nelle imprese chiede una spallata salariale

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Chi scrive – per ragioni legate alle sue attività di ricerca svolte sempre sul campo sull’industria localizzata in Puglia e in altre regioni dell’Italia meridionale – negli ultimi dieci giorni è tornato ad incontrare alcune direzioni aziendali e rappresentanze sindacali in grandi stabilimenti chimici e delle materie plastiche a Brindisi e dell’oil&gas e dell’automotive nell’area industriale di Bari. Era stato da poco presentato il Def ed una delle misure in essa contemplata riguarda il perseguimento della “pace fiscale” attraverso un condono di cui non sono ancora noti dettagli, soglie di importi e ipotesi di gettito effettivo.

Ebbene, parlando con top manager di fabbrica e dirigenti sindacali il dato che ci ha colpiti è stato costituito dalla rabbia con cui è commentata quella misura perché – ci si è detto testualmente – “ per i furbi vi sono sempre condoni e sconti, ma per il taglio del cuneo fiscale per aumentare il salario netto di chi in fabbrica produce beni esportabili che concorrono all’attivo della bilancia commerciale, le risorse non si trovano mai”.

E allora, soprattutto qualche dirigente sindacale, probabilmente già stanco e deluso dai rappresentanti di un governo che forse aveva anche votato, ha detto che a questo punto bisognerà dare una “grande spallata salariale” in fabbrica perché non è più tollerabile che chi produce debba essere penalizzato, mentre i furbi la fanno sempre franca. Ed ha aggiunto con tono di scherno: “Dove sono ora il ministro del lavoro Di Maio e il segretario pluripresenzialista della Lega Salvini? Perché non vengono a parlare con noi in azienda?”.

Ora, è bene precisare che quelle appena riferite sono solo voci raccolte in colloqui del tutto informali in alcune fabbriche che, pur molto grandi per numero di addetti, non esauriscono certo l’universo degli stabilimenti industriali della Puglia. E d’altra parte la ventilata “spallata salariale” dovrebbe inserirsi nei rinnovi non ancora sottoscritti di specifici contratti collettivi di lavoro, o nella contrattazione di secondo livello là dove prevista. Erano pertanto quelle riportate affermazioni palesemente spontanee, forse poco meditate e sicuramente rabbiose. E tuttavia quelle parole dovrebbero far riflettere, a nostro avviso, coloro che si accingono a preparare la prossima legge di Bilancio: una torsione puramente salarialista di prossime rivendicazioni di fabbrica, se pur bisognosa di essere poi supportata da un minimo di strategia sindacale, potrebbe assumere – se diffusa sull’intero territorio nazionale – una forza dirompente che imporrebbe anche a dirigenze sindacali comprensibilmente dubbiose comportamenti in linea con le richieste della base. Il cuneo fiscale dunque deve essere abbattuto e in misura non simbolica: è una richiesta che anche la Confindustria porta innanzi da tempo.

Insomma, facciano attenzione Salvini e Di Maio: probabilmente in fabbrica, almeno per gli operai, i tecnici e di dirigenti più giovani non si nutre alcun interesse per il superamento della legge Fornero e il reddito di cittadinanza, ma si preferirebbe puntare su aumenti salariali in busta paga elevati e ben quantificati.

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