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Ordine repubblicano e ordine pubblico. Italia e Francia a confronto

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Bisogna essere francesi per cogliere la risonanza dell’espressione “ordine repubblicano” (“ordre républicain”). Che sicuramente ha un valore superiore a “ordre public”, molto più vicino al nostro “ordine pubblico”.

Di sicuro, fa impressione leggere gli editoriali sulle prime pagine dei quotidiani francesi in cui si invoca la restaurazione di un “ordine repubblicano”, all’indomani delle dimissioni del ministro dell’Interno Gerard Collomb, che preferisce tornare a fare il sindaco di Lione piuttosto che continuare a occuparsi di lotta al terrorismo e di immigrazione, due autentiche spine nel fianco del governo Macron.

Ma è interessante osservare come i commentatori francesi raccontino il proprio Paese, prendendo spunto dalle dimissioni del ministro. E l’immagine che più colpisce è quella dei “territori perduti”, dove lo Stato è un estraneo. Lo stesso ministro dimissionario, nel suo bilancio, ha parlato delle periferie come spazi da riconquistare all’ordine repubblicano e “luoghi nei quali si impone la legge del più forte, dei narcotrafficanti e degli islamisti radicali, che ha preso il posto della Repubblica”. Un’affermazione gravissima che dice molto anche dell’affanno del governo francese dinanzi a fenomeni oggettivamente sfuggiti al controllo pubblico.

Eppure la retorica repubblicana, che affonda le proprie radici nella rivoluzione francese e nel superamento del disordine monarchico, stende il suo manto protettivo sul dibattito pubblico. Nulla di simile, ovviamente, a quanto accade in Italia. Dove pure la domanda di sicurezza è enorme, soprattutto in riferimento all’immigrazione incontrollata. E dove, per nostra fortuna, la minaccia del terrorismo di matrice islamista è meno aggressiva.

Ma l’ordine repubblicano è oggettivamente la chiave d’interpretazione dell’intervento securitario dello Stato francese. Un archetipo che può consentire anche l’assunzione di misure restrittive della libertà personale (pensiamo a quanto è accaduto dopo la strage del Bataclan), ma soprattutto può giustificare le nuove misure di sostegno al reddito che il governo Macron intende varare per sovvenire alle difficoltà economiche e di sopravvivenza dei ceti deboli.

Se gli osservatori, infatti, parlano di territori perduti dallo Stato (da Marsiglia a Tolosa e sino alla cintura parigina), aggiungono anche si tratta di quartieri che si ghettizzano e si pauperizzano e che richiedono un cambio di passo dello Stato che può giustificare anche un intervento significativo di sostegno al reddito dei più poveri. Dunque, la povertà esiste anche nella vicinissima Francia, con aspetti inquietanti a causa della miscela col narcotraffico e l’estremismo islamista.

Ma forse questa consapevolezza nell’opinione pubblica può rendere meno gravoso l’impatto della manovra francese sui conti pubblici che certamente sfiorerà il limite del 3% fra debito e Pil previsto nei Trattati europei. Ma se servirà a riconquistare le periferie perdute…

In conclusione, a prima vista sembrerebbe che noi italiani non abbiamo nulla da invidiare agli amici francesi e che soprattutto loro non abbiano nulla da insegnarci, considerate le condizioni in cui hanno fatto marcire i loro territori. Eppure, una differenza resta: i cugini francesi dispongono dell’orgoglio repubblicano (che talvolta rasenta la spocchia), noi italiani invece coltiviamo la sfiducia generalizzata nelle istituzioni. L’estraneità dello Stato è il nostro paradigma. In questo siamo tutti più Borboni che Savoia. E non è neppure un caso che il termine “repubblicano” abbia avuto scarsa fortuna politica e mediatica. Non ve n’è traccia nel dibattito pubblico: basta dare un’occhiata su internet per averne la riprova. E non c’è politico, editorialista e saggista, che vanti un pedigree repubblicano.

E questo spiega anche, al di là dei sovranismi e dei populismi galoppanti, la postura aggressiva delle scelte di governo. Tutto è pensato e poi fatto (dal decreto sicurezza al reddito di cittadinanza, dalla pace fiscale alla revisione della Fornero) contro lo Stato di ieri.

Descritto come nemico dei cittadini. Ecco, l’ordine repubblicano questo non lo consente e mette al riparo i cittadini francesi dalle insidie della retorica rivoluzionaria, giacobina e criminogena. Piuttosto spinge a porre le radici per la Repubblica prossima ventura. Mentre noi italiani non sappiamo neppure se abbiamo lasciato la Seconda Repubblica, se abbiamo chiuso i conti con la Prima e se abbiamo una vaga idea di cosa davvero sarà la Terza.

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