“La politica è la più alta forma di carità”, motto storico evocato da Papa Paolo VI, l’assistente della Fuci, il vescovo di Brescia, il cardinale della Lombardia, regione più industrializzata d’Italia, il capo della Chiesa Cattolica Romana, la cui canonizzazione è avvenuta domenica in Piazza San Pietro. In quel motto c’è una precisa indicazione politica per tutti coloro, che rifacendosi all’ispirazione cristiana, desiderano mettersi al servizio della comunità per tracciare un nuovo sentiero che porta alla realizzazione del bene comune: amore per il prossimo, accoglienza, solidarietà, pace, giustizia sociale.
Paolo VI non ebbe il privilegio di vivere una vita comoda, pur provenendo da una famiglia borghese, anzi. Contrasti all’interno della stessa Fuci, all’epoca del suo assistentato, durante gli anni del conflitto col fascismo, lo costrinsero a lasciare l’incarico; la difficile scelta di proseguire i lavori del Concilio Vaticano II, inaugurati e portati avanti dal predecessore Giovanni XXIII. Il dolore che dovette patire per l’eccidio di via Fani, dove fu rapito Aldo Moro e uccisi gli uomini della scorta. Il 9 maggio 1978 anche Moro amico di Paolo VI fu barbaramente trucidato. Sono alcuni episodi che turbarono profondamente la sua coscienza di cristiano.
Il ruolo di Paolo VI fu decisivo nel portare a compimento, grazie alla sua statura culturale e alla sua forte preparazione teologica, una più chiara definizione della Chiesa circa se stessa, il suo rinnovamento interno, una concezione nuova del rapporto tra i cristiani e il dialogo con il mondo contemporaneo, con i poveri. Vale per tutti il ricordo della promulgazione delle due famose encicliche: Humanae Vitae e Populorum Progressio. L’incipit di quest’ultima è molto significativo, un messaggio per l’uomo di questo tempo: “Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della Chiesa”. Gli ostacoli che dovette affrontare furono molti, ma proprio la volontà, la tenacia di Paolo VI gli consentirono di superarli, guardando con visione larga al cambiamento.
Questo Papa va certamente collocato tra i grandi riformatori della Chiesa. Preziosa e notevole fu l’influenza avuta da Giovanni Battista Montini, nel ruolo di primo piano avuto all’interno della Chiesa, soprattutto per l’impegno dei cattolici in politica. Il grande evento della canonizzazione di Paolo VI può essere considerato un buon viatico per il rilancio dell’impegno dei cattolici in politica e della loro presenza attiva nelle istituzioni.