L’appello del cardinale Becciu è da prendere sul serio. Già si era espresso qualche mese fa il cardinale Bassetti parlando della necessità di “rammendare” il tessuto sociale del paese, strappato sia da un punto di vista sociale che morale. Proprio nel giorno della canonizzazione di Paolo VI e di monsignor Romero, il prefetto della Congregazione dei Santi torna sull’argomento richiamando i cattolici alla loro responsabilità, anche a quella politica. Papa Francesco ne ha parlato più volte.
Si tratta di un appello che va raccolto a più livelli. Credo innanzi tutto che si tratti di uscire da un generale senso di impotenza e spaesamento indotti dalla globalizzazione: se quest’ultima decide tutto (l’economia, la forma della società, il lavoro, la politica ecc.) molti si domandano a che pro impegnarsi? Numerosi cittadini –cattolici e non- sono stati portati a pensarla così e si sono allontanati da ogni forma di cittadinanza attiva. Ne risulta un individualismo crescente, sostenuto dal fatto che molta più gente di ieri vive sola e che le famiglie sono già sotto stress a causa della crisi economica.
La carenza del welfare italiano scarica su di esse troppe incombenze. Tale situazione provoca un generale senso di impotenza a cui va trovata la risposta che oggi i partiti non offrono. Tutti ci ricordiamo che ancora all’inizio del Millennio la società era percorsa da tensioni e dibattiti, come quello sulla guerra o sulla povertà. Oggi anche il movimento pacifista tace e le grandi campagne sono mute. In Italia poi c’è stato un vero e proprio “bombardamento” contro i corpi intermedi in nome della disintermediazione e ciò ha allontano molti –anche qui cattolici e non- da ogni forma associativa reale.
Sia da destra che da sinistra si è sentito dire che la società civile non era importante ma contavano solo il leader e il (cosiddetto) popolo. La critica alle Ong è un esempio clamoroso di tale situazione: accusare chi lavora per gli altri in nome di un redivivo statalismo probabilmente falso, visto che appare nei ragionamenti di responsabili ex-comunisti (e qui c’è una logica) ma anche di ex antistatalisti (e questo invece non si capisce proprio). Di sussidiarietà più nessuna traccia. Ma una società che non funziona, che si spegne, comunica un senso di vuoto alla politica e viceversa.
C’è poi da considerare l’aspetto più politico della questione: se e come impegnarsi perché i valori e i principi cattolici non siano relegati alla sfera personale ma abbiano un volto, un riconoscimento pubblico e siano rappresentati nella vita politica del paese. Concordo che vi sia tale esigenza. Non si tratta di copiare o rifare un passato ormai tramontato, come dice lo stesso cardinale quando afferma che non si vuole riesumare il partito unico dei cattolici. Oggi ciò non avrebbe senso e sarebbe fuori tempo. Si tratta invece di innervare di valori e principi –tra l’altro contenuti nella Costituzione stessa- nuove forme politiche che si esprimano a partire dal vissuto vero della società, dalle sue difficoltà e dai suoi reali bisogni.
Insomma: partire alle persone. Per questo con un gruppo di amici di varie provenienze ed esperienze, abbiamo lanciato un nuovo soggetto politico –DemoS, Democrazia Solidale- che parta dal basso e metta in rete le esperienze che desiderano avere una rappresentanza nazionale. Ci ha incoraggiato l’esperienza di Centro Solidale nelle elezioni regionali del Lazio che ha portato Paolo Ciani al consiglio regionale. L’importante è non ripartire da un vecchio ceto politico né fare liste in vista di elezioni (europee o altre): la gente non ne può più di operazioni politicistiche fatte solo a scopi elettorali o individuali. Meglio iniziare dalla vita vera. Ci vuole anche un altro stile rispetto alla parossistica polarizzazione attuale, divenuta un bipolarismo dell’insulto e del disprezzo.
Di grida ne abbiamo sentite troppe, di liste ne abbiamo viste tante, così come di partiti leaderistici, tutti immancabilmente destinati a finire male. Una nuova formazione che voglia incarnare la vita vera e difendere i valori, deve resistere al vento della geopolitica delle emozioni, partire umilmente dall’ascolto della realtà sociale, darsi il tempo di costruire una rete che non imponga ma che connetta, mettere al centro lo specifico umano. Nella frammentazione attuale nessuno deve sentirsi costretto ma piuttosto connesso secondo la propria volontà e il proprio talento. Questo riguarda tutti: i cattolici ma anche i protestanti, gli ortodossi, gli ebrei, i laici, i confusi ecc.
C’è bisogno di una politica del “Noi” dopo l’epoca dei tanti “Io” contrapposti, sguaiati, volgari. Collante comune è la preoccupazione per il cambiamento antropologico in atto, per la frantumazione e per la perdita di senso che si fa spazio nella società, per le difficoltà delle famiglie italiane, per il destino dell’Europa, per la disumanizzazione crescente nei rapporti umani e nelle scelte politiche. La vera emergenza nazionale è quella della solitudine che si fa sempre più spazio. Ad essa una forza politica può rispondere solo creando una rete di solidarietà concreta che tocchi la vita dei cittadini e ricominci da principi forti e dagli ideali. Partire dal basso significa questo. E in tale progetto come cattolici vogliamo dare il nostro contributo.