Il ritiro di truppe italiane dall’Afghanistan non sarebbe necessariamente un dramma. L’Afghanistan ha infatti bisogno di guardare al futuro, costruendo le basi necessarie per una pace duratura. In questo senso, investimenti esteri strategici per lo sviluppo economico del Paese potrebbero apportare un contributo più significativo rispetto alla pur essenziale presenza militare della Nato. Queste le principali idee confidate a Formiche.net dall’ex ministro degli Esteri afghano Zalmai Rassoul, nel corso dell’evento “Afghanistan and Central Asia: Looming priorities and regional un-balances”, organizzato dalla Nato Defense College Foundation e tenutosi a Roma lo scorso 4 ottobre.
GLI ANTEFATTI
Nelle scorse settimane, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha ribadito la volontà del governo di ridurre il contingente italiano che opera in Afghanistan nell’ambito della missione Nato Resolute Support. Il ritiro di 200 uomini, già annunciato dal precedente governo, troverà probabilmente parziale applicazione con l’ormai prossimo decreto di proroga della copertura finanziaria e giuridica delle missioni italiane all’estero. La proroga, infatti, dovrebbe prevedere il ritiro di 100 unità dall’Afghanistan già entro il 2018. Il parziale disimpegno italiano ha suscitato qualche perplessità fra gli esperti, in quanto la guerra civile nel Paese pare tutt’altro che finita e permane una profonda instabilità politica.
GLI SVILUPPI POSITIVI SECONDO ZALMAI RASSOUL
L’orientamento del governo italiano non sembrerebbe però preoccupare Zalmai Rassoul, intervenuto lo scorso 4 ottobre alla conferenza di Roma organizzata dalla Nato Defense College Foundation. Nel corso del proprio intervento, l’ex ministro ha evidenziato alcuni sviluppi positivi nel sia pure problematico quadro afghano: i progressi compiuti nell’addestramento delle forze di sicurezza afghane, il miglioramento del coordinamento fra gli alti ufficiali dell’esercito e una parziale depoliticizzazione dei vertici militari.
…E IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
Il rovescio della medaglia sarebbe invece costituito dallo stallo sul fronte della lotta ai talebani. Tale insuccesso però, secondo Rassoul, non deriverebbe tanto dalla pervicacia degli avversari del governo centrale, quanto dalla mancanza di norme democratiche e pluralistiche che minerebbe la solidità dello Stato afghano alle sue fondamenta. Le controversie legate alle ormai prossime elezioni parlamentari dimostrerebbero dunque tutta la debolezza del sistema democratico afghano, in un momento in cui il Paese avrebbe bisogno di maggiore unità per poter guardare con più fiducia al futuro.
IL RUOLO DELL’ITALIA NEL PROCESSO DI PACE AFGHANO
Formiche.net era presente alla conferenza e ha avuto modo di intervistare Zalmai Rassoul, chiedendo al politico afghano un parere sull’importanza della presenza dell’Italia in Afghanistan e sul parziale disimpegno dalla missione Nato Resolute Support annunciato dal governo italiano. L’ex ministro si è detto “grato per il ruolo chiave giocato dall’Italia nel conflitto afghano sin dai primi anni 2000”, ricordando il contributo italiano ai negoziati che nel 2001 portarono alla conferenza di Bonn e alla nascita dell’amministrazione temporanea guidata da Hamid Karzai. Rassoul ha anche sottolineato come il nostro Paese sia da anni uno degli Stati della Nato più attivi a livello militare in Afghanistan, ricordando che l’esercito italiano arrivò per primo a presidiare alcuni settori delicati del Paese, nel 2003, e che anche in seguito reparti italiani furono inviati in zone altamente ostili come le aree di Khowst e Herat, sortendo ottimi risultati.
PIÙ INVESTIMENTI E MENO SOLDATI
Tuttavia, secondo l’ex ministro, un ridimensionamento della presenza militare italiana in Afghanistan non sarebbe un dramma. Il Paese centro asiatico, infatti, non necessiterebbe tanto di nuovi soldati quanto di interventi economici da destinare allo sviluppo economico. Investimenti, usando le parole di Rassoul, capaci di generare win-win situation per l’Afghanistan e per la stessa Italia. Secondo Rassoul, inoltre, “per il bene del popolo afghano è necessario adottare una visione di lungo periodo elaborata non in termini di guerra ma in termini di pace”. “Il conflitto dura da più di 15 anni − ha continuato l’ex ministro − e non finirà certo domani. Abbiamo quindi bisogno di ragionare sulle condizioni necessarie per ristabilire la pace e non di baloccarci con la guerra”.
IL FUTURO DELL’ITALIA E DELLA NATO IN AFGHANISTAN
Certo, “anche in tempi di pace − ha concluso Rassoul − l’Afghanistan avrà sempre bisogno di un esercito. Non per combattere fra di noi ma per difendere i nostri interessi nazionali”. In questo senso le forze di sicurezza afghane continueranno ad aver bisogno di addestramento da parte delle forze armate italiane e di altri Paesi alleati, “così come sarà necessario sviluppare relazioni con i Paesi Nato improntate su una strategia di lungo periodo”.