Alcuni funzionari di intelligence, Secret Service e collaboratori della Casa Bianca hanno raccontato al New York Times che l’iPhone personale del presidente Donald Trump è possibile che sia stato violato più volte da attività di spionaggio di Cina e Russia.
Le chiamate effettuate dal telefono del presidente, spiega l’articolo in termini generici, sono intercettate “mentre viaggiano da un ripetitore ai sistemi via cavo ai centralini”, questo perché in fin dei conti tutte le chiamate effettuate da qualsiasi cellulare di qualsiasi modello sono vulnerabili.
Le fonti parlano frustrate, perché da mesi consigliano all’uomo che siede alla Resolute Desk dello Studio Ovale di evitare l’uso dei telefoni portatili privati, in quanto costituisce un falla di debolezza – monito già alzato al suo predecessore Barack Obama, Blackberry addicted, che però già dal primo mandato aveva consegnato il suo dispositivo in mano ai tecnici cyber dell’amministrazione, i quali lo avevano messo sotto chiave cibernetica. Trump ha tre iPhone personali, di cui due sono stati modificati dall’Nsa – la National security agency, che è l’agenzia di intelligence che si occupa di sistemi informatici ed elettronici – e sono quelli che dovrebbe utilizzare per scrivere i tweet dal suo account (@realdonaldtrump, non quello istituzionale) e fare qualche telefonata. Quello per Twitter non ha rete mobile, in modo che Trump possa usarlo solo sotto wi-fi controllati, anche se pare che certe volte lo abbia utilizzato su reti non protette.
L’altro invece è quasi vergine, ed è quello che piace più di tutti al presidente perché mantiene le caratteristiche degli smartphone comuni, a cominciare dalla rubrica dei numeri personali – allo stesso tempo, è quello che mantiene più debolezze. Spesso lo usa per chiamare i suoi amici, e le fonti del Nyt dicono che a questo punto non è rimasto che sperare che durante una di quelle conversazioni non riveli segreti di stato, perché lui non ne vuol sapere di smettere di usarlo.
Anzi, da quello che esce, sembra che Trump non ci crede troppo a certi rischi sollevati dai servizi segreti, e si rifiuta pure di cambiare lo smartphone ogni 30 giorni – che è considerato dal controspionaggio il tempo massimo per utilizzare certi dispositivi già dai tempi di Obama, il quale nel secondo mandato ottenne la possibilità di usare un iPhone che aveva però tutte le funzioni principali disabilitate, a cominciare da fotocamera e sms. Trump non vuole cambiarlo perché ci tiene ai dati salvati all’interno del telefono, che allo stesso tempo non possono essere trasferiti perché nelle operazioni in cui dovrebbero venir importati da un telefono all’altro potrebbero portarsi dietro anche gli eventuali software che li hanno violati.
Secondo le informazioni raccolte dal Nyt, sono i cinesi i più attivi nello spionaggio – e non è una novità, anche se per certi versi è una beffa visto che uno dei piani di ingaggio di Trump contro Pechino è proprio la questione dello spionaggio, declinato nel settore industriale, con cui secondo la Casa Bianca l’economia cinese si avvantaggia in maniera scorretta. Sia la Cina che la Russia sono nazioni che secondo la dottrina ufficiale dell’amministrazione Trump sono “rival powers” degli Stati Uniti, potenze rivali con cui competere a livello globale.