A distanza di trent’anni dalla sua morte, Enzo Tortora rimane il simbolo dell’ingiustizia giudiziaria In Italia. Arrestato con accuse infamanti nel 1983, rinchiuso in carcere e processato, solo dopo una lunga e dolorosa inchiesta l’amato conduttore televisivo riuscì ad ottenere l’assoluzione. Che arrivò nel 1987, uno anno prima della sua morte. Una storia, la sua, esemplificativa di ciò che non funziona ancora oggi nel mondo giudiziario italiano tra carcerazioni preventive, processi sommari sui media e pronunce di assoluzione che troppo spesso finiscono per passare quasi del tutto sotto silenzio.
E non è un caso che la vicenda Tortora continui a far discutere nel nostro Paese come confermano le tante iniziative in corso un po’ ovunque in Italia sul tema. E anche la decisione della Rai di riportare in tv la sua trasmissione più celebre, Portobello, affidata ad Antonella Clerici. E soprattutto le parole del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha inviato un messaggio certo non formale al dibattito dal titolo “Enzo Tortora, una scossa per il futuro”, organizzato a Roma dal Circolo dei Magistrati della Corte dei Conti presieduto da Massimiliano Atelli e dall’associazione La Scossa guidata da Michelangelo Suigo (qui il link di Radio Radicale per rivivere integralmente tutta l’iniziativa e riascoltare i vari interventi). Un caso – ha sottolineato il Guardasigilli – che “ha segnato una pagina triste per il sistema giudiziario italiano, anche a causa delle responsabilità di alcuni media che alimentarono la diffusione di notizie infondate e prive di riscontro”. Secondo Bonafede, “Tortora comprese bene come una giustizia che produce decisioni inique e non rispondenti alla realtà dei fatti non costituiva un problema soltanto per l’individuo destinato a subire gli effetti di queste decisioni ma rappresentava un vulnus tale da danneggiare la credibilità delle istituzioni giudiziarie incrinando la fiducia dei cittadini nei confronti delle stesse”. Per questo il ministro della Giustizia ha chiesto scusa a Tortora e alla sua famiglia: “In quell’occasione lo Stato non seppe rispondere adeguatamente alla richiesta di un suo cittadino di fare giustizia in maniera certa e tempestiva, accertando responsabilità, torti e ragioni”.
All’evento – introdotto da Atelli e Suigo – hanno partecipato il procuratore generale della Corte di Appello di Roma Giovanni Salvi, la presidente della Fondazione per la Giustizia Enzo Tortora Francesca Scopelliti, il segretario dell’Unione delle Camere Penali Italiane Francesco Petrelli e l’autore del libro “Applausi e sputi” (edito da Sperling & Kupfer) Vittorio Pezzuto. Il dibattito è stato moderato dal direttore di Radio Radicale Alessio Falconio.