Scomparso. Meng Hongwei, presidente dell’Interpol, dal 29 settembre non si trova: la sua famiglia ha perso i contatti con lui, completamente, né visto, né sentito.
Il 64enne dirigente del Partito comunista cinese era partito da Lione, dove vive e lavora. Doveva andare in Cina, ma non è più tornato. Rientrava nel suo paese natale – dove ha ricoperto vari incarichi di governo, tra cui quello attuale: vice ministro per la Pubblica sicurezza – forse per commissioni di lavoro, ma la moglie ne ha denunciato la scomparsa dopo che per dieci giorni non ne ha avuto più notizie. E la polizia francese s’è trovata in mano un delicatissimo dossier che riportava in testa il nome di colui che dal 2016 (fine mandato: 2020) dirige l’autorità internazionale che permette gli scambi operativi tra le polizie dei 192 paesi che la compongono.
Delicato a maggior ragione se quello raccontato da una fonte anonima al South China Mourning Post – quotidiano di Hong Kong di proprietà del cinese Jack Ma, Alibaba, e sempre informatissimo – è vero: Pechino avrebbe messo sotto indagine Meng per non meglio definite accuse, lo hanno portato via “appena ha messo piede in Cina le autorità di disciplina”. Non è di certo scomparso in Francia”, dice ha una fonte dall’inchiesta lionese all’AFP, è certamente arrivato in Cina.
L’Interpol non commenta: fa sapere che l’agenzia è a conoscenza di quanto scritto sui media, ma c’è un’indagine in corso e saranno i francesi e i cinesi a chiarire cos’è successo; il segretario generale (il tedesco Jürgen Stock) continuerà a portare avanti il compito giornaliero di direzione, dicono dal quartier generale in Quai Charles de Gaulle, a Lione.
Meng è ancora in carica come vice ministro, ma ad aprile ha perso il suo posto nel Comitato Centrale del Partito – organo decisionale dove solitamente i membri hanno incarichi quinquennali (e l’ultimo congresso c’è stato dal 19 al 24 ottobre dello scorso anno). È considerato un uomo vicino all’ex capo della sicurezza, Zhou Yongkang, che ora sta scontando l’ergastolo per corruzione
Era stato il primo cinese a guidare l’Interpol, e la sua nomina aveva suscitato diverse critiche perché Pechino avrebbe potuto usarla come influenza interna all’agenzia per dare la caccia ai dissidenti. Meng, a differenza dei suoi predecessori, era un politico dal lungo pedigree, costruito tra i ranghi del partito unico cinese, seppure nel settore della sicurezza: altro aspetto per cui la nomina fu criticata.
Negli ultimi anni, il presidente cinese, Xi Jinping, ha stretto la collaborazione con l’Interpol perché vuole chiudere i conti con diversi elementi corrotti del sistema del potere di Pechino, fuggiti dalla Cina con un bottino pazzesco (quasi tre trilioni di dollari). Il ruolo di Meng doveva servire pure a questo: stringere con le polizie del mondo patti di collaborazione interessanti (anche sul fronte economico: divisione dei capitali sottratti, proponevano i cinesi) per mettere le mani su corrotti e disertori.
(Foto: Interpol Media, il presidente cinese Xi Jinping inaugura l’assemblea generale dell’agenzia ospitata a Pechino)