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Vi spiego perché il welfare italiano è il migliore ma mostra le prime crepe. Parla il prof Pastorelli

Un welfare modello in tutto il mondo, talvolta invidiato. Checché se ne dica in giro, c’è un sistema italiano che all’estero si sognano, per efficienza e livello di copertura delle prestazioni. Eppure qualcosa non funziona ancora. Qualcosa legato a doppio filo con la riforma della legge Fornero, che il governo sta cercando di portare a tutti i costi a casa con la manovra in dirittura di arrivo.

Sulle prospettive del welfare italiano Formiche.net ha sentito il parere di Luigi Pastorelli, per sette anni docente di Teoria del Rischio presso la Pontificia Università Gregoriana e animatore del gruppo Schult’z, think tank attivo nella valutazione dei rischi, dalle infrastrutture a, per l’appunto, welfare. Reduce dal convegno al Senato, Segno e catastrofe l’impatto del cambiamento climatico sulla salute dei cittadini e sulla sostenibilità finanziaria del Welfare. Esperienza Usa e Unione Europea a confronto.

Durante il convegno, uno dei temi toccati è stato proprio il futuro del welfare italiano. Sui cui Pastorelli propone dei ragionamenti. “Partiamo da una premessa. L’Italia ha oggi un sistema che viene invidiato in molte parti del mondo perché garantisce per esempio un’ottima copertura sanitaria. Questo sistema ha retto finora, ma adesso rischia di andare in crisi nei prossimi anni, se non ci saranno dei provvedimenti”.

Pastorelli cita l’esempio della Fornero. “Il sistema welfare non può non tener conto dell’invecchiamento della popolazione, proprio come chi vuole ridurre l’età pensionabile. Si vive sempre di più. In questo senso ha ragione Boeri (il presidente dell’Inps ascoltato ieri in audizione, ndr). Perché se si anticipa oggi l’età pensionabile saranno i giovani a pagare il conto”.

Di più. “Il problema della copertura del rischio di non autosufficienza nell’età anziana la cosiddetta Long Term Care-Ltc, il suo crescente peso sulla finanza pubblica, insieme alle tendenze avverse che emergono dagli scenari demografici, rendono non più rinviabile l’avvio di un processo di riforma radicale del nostro sistema di welfare. Le tendenze demografiche verso il progressivo invecchiamento della popolazione indotto dalla riduzione del tasso di natalità e dall’aumento della vita media, hanno dimostrato la concreta difficoltà della sostenibilità finanziaria nel medio/lungo periodo del nostro sistema di welfare”.

Detto questo, un aiuto c’è. E può arrivare dai privati. “Non vedo problemi nel fatto che per esempio la sanità pubblica possa trovare delle sponde in quella privata. Perché i privati possono aiutare con degli investimenti a sostenere il sistema pubblico, sanitario e più in generale del welfare. A un patto. Che l’ingresso di privati non finisca col tempo di privatizzare l’intero sistema”.



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