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Ecco la vera (e unica) manovra del cambiamento. Parla Maurizio Bernardo

Lunedì 26 novembre, ore 9.30. Spread a 287 punti base, ai minimi da due mesi e Borsa su del 2,8%, sostenuta dalle banche dove qualcuno fa segnare un rialzo sprint del 5%. Quattro ore dopo, la situazione non è cambiata, tutto molto tonico e in fin dei conti bello. Deve essere successo qualcosa. La manovra gialloverde tanto discussa dai mercati (e dall’Europa, qui l’intervista di venerdì all’economista Giampaolo Galli), è improvvisamente diventata dolce come lo zucchero? Non esageriamo. Chiamiamolo piuttosto potere della comunicazione, fa notare Maurizio Bernardo, per cinque anni a capo della commissione Finanze della Camera, sponda dem.

Bernardo oggi i mercati sembrano festeggiare con lo champagne…che succede?

Succede che quando Movimento cinque stelle e Lega se ne stanno zitti o meglio dicono cose sensate allora i mercati sorridono. Questo fa capire quanto sia importante la buona comunicazione. Quella cattiva in questi mesi ha fatto solo danni: ogni volta che qualcuno parlava senza sapere quello che stava dicendo, gli italiani perdevano soldi. E chissà che ora non si siano decisi a stare zitti o almeno a dire che un deficit al 2,4% non si può fare.

Allora tutto finito? Pace e amore tra Italia, Europa e mercati?

No, macché, non siamo ancora a questo punto, non ancora almeno. Una cosa però tutto questa la dimostra. Che le promesse elettorali del governo, o buona parte di esse, sono irrealizzabili. Qualcuno ha dovuto fare marcia indietro anche se la partita è solo all’inizio. Un bluff è stato svelato, ma da qui a cambiare la manovra ce ne corre…

La manovra secondo Maurizio Bernardo…

Il punto di partenza sono le costruzioni, le infrastrutture. Senza di esse non vale la pena nemmeno parlarne. E lo sa perché? Perché nulla come le infrastrutture genera economia. Ogni volta che si fa una grande opera, che si apre un cantiere, si muove qualcosa: imprese, indotto, fornitori, lavoro. Questo serve all’Italia e invece non lo si è capito con il risultato che i grandi investitori, i fondi che investono nelle infrastrutture, si sono fermati, bloccati, in attesa di qualche segnale.

Però al Nord si è mosso qualcosa, ha visto la manifestazione pro Tav a Torino? Ora è il turno di Milano…

Meno male, stiamo assistendo alla nascita di un partito dello sviluppo, trasversale, senza colori. E, cosa più importante, non costituito da soli imprenditori ma da gente comune e soprattutto lavoratori. Questo è il movimento dello sviluppo, dell’investimento, della crescita. E non del reddito di cittadinanza. Di gente che vuole lavorare e non essere assistita. Un movimento per dire ai  grandi gruppi industriali che investono e che il governo ha fatto fuggire ‘fermatevi, tornate indietro’.

Lei ha nominato il reddito di cittadinanza. Secondo me non la fa impazzire…

Può dirlo forte! Secondo lei oggi che cosa interessa a un giovane? Ricevere l’elemosina o lavorare? I giovani voglio lavorare e il reddito di cittadinanza è solo uno specchietto per le allodole per accaparrarsi qualche voto, nient’altro. Un meccanismo inutile, espressione di un assistenzialismo cieco e senza nessuna logica di mercato.

Altra pedina da far saltare?

Le pensioni, la cosiddetta quota 100. Si è creata una grande confusione sul tema, c’è chi dice che le risorse non ci sono e chi invece dice che ci sono. Ma la verità è che secondo me non ci sarà una così vasta platea che chiederà l’uscita anticipata dal lavoro. Le pensioni sono l’esempio più lampante di come ad oggi abbiamo assistito alla nascita di un partito della propaganda che infrange le regole europee. E sa qual è la cosa paradossale? Che qualcuno vorrebbe anche far saltare il banco. Ci siamo tutti accordi, dico, che la Lega non disdegnerebbe un voto anticipato…vincerebbe credo.

Ma all’estero che si dice di noi, o meglio di chi ci governa?

C’è grande preoccupazione, perché viene percepita una forte dose di dilettantismo, soprattutto verso il Movimento cinque stelle. In molti si sono chiesti per esempio, come sia stato possibile proporre certe misure senza un minimo di interlocuzione con le parti. Penso a Confindustria ma mi vengono in mente anche gli artigiani o i commercianti. Interi pezzi del mondo produttivo sono rimasti tagliati fuori dal dibattito. Le pare normale? All’estero proprio no.

Bernardo, ma lei non è contento almeno un po’ che al governo qualcuno si sia in parte ravveduto?

Vuole la verità? Io sarò contento solo se questa parziale apertura verrà trasformata in un’opportunità per il Paese, per gli italiani. Voglio dire, vediamola così: il governo ha l’opportunità di rivedere la manovra, di riscriverla, di fare una volta tanto gli interessi dell’Italia. Ora la domanda è, lo farà? Beh io lo spero, ma mi creda non si vive di sola speranza, perché qui il tempo delle parola è finito.

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