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Boeri, Salvini e la quota 100 della discordia. Le opinioni di Becchetti e Sacconi

Tito Boeri ha ragione oppure no? La quota 100, il famoso meccanismo per andare in pensione fino a cinque anni di anticipo e con 38 anni di contributi, sembra proprio risultare indigesto all’economista della Bocconi chiamato quattro anni fa da Matteo Renzi al vertice dell’Istituto. Il motivo è presto detto. Aprire nel 2019 una finestra per consentire l’uscita anticipata dal lavoro potrebbe molto facilmente sballare i conti della previdenza, aumentando sensibilmente il disavanzo dell’Istituto, già in rosso per 6 miliardi. Per Boeri la quota 100 è un pessimo affare. Peccato che chi è al governo non la pensi così. Matteo Salvini, per tutta risposta al presidente dell’Inps, lo ha invitato a candidarsi alle primarie del Pd mentre Luigi Di Maio, con pronta sponda, ha invitato ad “evitare allarmismi inutili. Quota 100 si farà”.

Ma la sostanza non cambia, sulle pensioni tra Inps e governo si è aperta una voragine. Non è un mistero che la Lega veda nei continui allarmi di Boeri il tentativo di bloccare il progetto di revisione della legge Fornero, peraltro cardine del contratto di governo gialloverde. Uno su tutti: se si mandano migliaia di persone in pensione anticipata, per l’Inps ci sarà una spesa aggiuntiva piuttosto alta. Dunque, dove prendere i soldi per pagare tutte le pensioni? Per Boeri, molto più semplicemente, non si può fare. Formiche.net ha chiesto il parere di due esperti che il mondo delle pensioni lo conoscono bene.

Leonardo Becchetti, economista in forza all’Università di Tor Vergata e Maurizio Sacconi, ex presidente della commissione Lavoro al Senato. Il primo non ha mai nascosto il suo scetticismo verso le misure del contratto, giudicandole troppo ambiziose per essere realizzate. Nella sostanza, molte di esse non stanno in piedi, punto. “L’Italia e gli italiani hanno il vizio di promettere cose che non si possono fare e la quota 100 è una di queste. Il governo si è impegnato a portare avanti una revisione della Fornero, giusto? Bene, i costi accessori ci sono tutti, anche se possono essere sovrastimati. Il meccanismo della quota 100 comporta un costo che va a crescere, l’allarme di Boeri ci sta. Se oggi ci sono persone che vanno in pensione anticipata, il prossimo anno ce ne saranno altre e poi altre ancora. E con la speranza di vita che aumenta i conti non reggono. Il governo dovrebbe avere l’umiltà, se davvero vuole portare avanti questo progetto, di ridurre le altre partite, gli altri costi del contratto. Sulle pensioni può fare ben poco ad oggi perché si tratta di una spesa nei fatti incomprimibile”, spiega Becchetti.

Per il quale l’unico freno ai tanto temuti (da parte di Boeri) “assalti” all’Inps potrebbe essere la decurtazione fino al 30% dell’assegno per chi decide di lasciare il lavoro in anticipo. “Certamente anche se il calcolo non è ancora preciso. Qualcuno potrebbe decidere di aspettare la scadenza naturale ma con assegno pieno. Ma nel dubbio, meglio lanciare un monito”. Sacconi, che oggi guida l’Associazione Marco Biagi, la prende da un altro punto di vista. “Io aspetterei a dare un giudizio compiuto, per una ragione. Le norme non sono ancora chiare, siamo passati dalla revisione totale della legge Fornero alla possibilità di usufruire di alcune finestre. Condivido il fatto che un assegno decurtato in seguito all’uscita anticipata possa scoraggiare qualcuno, ma sulla platea beneficiaria della riforma che il governo vuole portare avanti aspetterei. Una cosa è certa. I problemi di liquidità sollevati da Boeri riguardano più che l’Inps il bilancio dello Stato, visto che è il prestatore di ultima istanza all’Istituto”. Insomma, i soldi vengono sempre da lì.

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