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Pyongyang torna a pressare Washington sulla denuclearizzazione

La Corea del Nord minaccia di far ripartire la politica del “byungjin“, ossia l’avanzamento parallelo di nucleare ed economia, se gli Stati Uniti non risponderanno positivamente alle misure prese da Pyongyang verso la “denuclearizzazione”: è il commento scritto da Kwon Jong-gun, direttore dell’Istituto per gli Studi americani che fa capo al ministero degli Esteri, e pubblicato dall’agenzia KCNA, dunque piena linea propagandistica di Pyongyang.

Il funzionario nordcoreano dice che il suo paese potrebbe riavviare lo sviluppo del programma sulle armi nucleari a meno che Washington non inizi a sollevare le sanzioni, ed è questo l’aspetto più interessante dell’uscita propagandistica perché sottolinea uno dei principali ostacoli nel lavorio diplomatico americano con il leader nordcoreano Kim Jong Un.

Gli Stati Uniti non hanno intenzione di fare il primo passo, ossia togliere le misure restrittive: prima vogliono chiarezza definitiva sugli intenti di Kim, in forma solenne e ufficiale, dati e fatti alla mano sullo smantellamento dell’intero programma nucleare. Invece la Corea del Nord richiede con discrezione l’accettazione implicita della sua dimensione atomica – e dunque il sollevamento delle sanzioni così come sono allo stato attuale – e intanto propone un percorso, lento e senza troppe garanzie, che dovrebbe iniziare dallo stop americano alla strategia della massima pressione.

Ad aprile, Kim aveva annunciato che il programma atomico nordcoreano era già abbastanza avanzato e che da ora in poi il byungjin sarebbe stato sostituito solo da piani per la crescita economico: una dichiarazione da leader di una potenza nucleare, più che da dittatore di uno stato paria.

L’editoriale pubblicato dalla Kcna indica che i negoziati, su cui la Casa Bianca ha investito un grosso capitale politico (anche in collegamento con il dossier cinese), sono nuovamente in una fase di arresto, anche se il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha dichiarato che ha in programma altri incontri. Pompeo è l’uomo dell’amministrazione Trump che ha curato le relazioni sul dossier, e ha annunciato anche che un vertice tra Kim e il presidente Trump potrebbe esserci all’inizio del prossimo anno e consentire “un sostanziale passo avanti nel togliere la minaccia nucleare dalla Corea del Nord”.

Parlando al programma televisivo di Sean Hannity su Fox News, il segretario ha detto: “Sono fiducioso che manterremo la pressione economica fino al momento in cui il presidente Kim soddisferà l’impegno che ha fatto al presidente Trump a giugno a Singapore”.

Washington dovrebbe abbandonare il suo “sogno ad occhi aperti” secondo cui sanzioni e pressioni porteranno alla denuclearizzazione: “Non possiamo fare a meno di ridere di un’idea così sciocca”, scrive quell’editoriale dal Nord redatto all’interno del ministero degli Esteri. I negoziati, continua, dovrebbero essere “simultanei e graduali” e basati sulla “reciprocità e uguaglianza”: “gli Stati Uniti saranno in grado di schivare il futuro pietoso che potrebbe danneggiare se stesso e il mondo solo quando abbandonerà il desiderio e il punto di vista unilaterale”.

Il procedere della denuclearizzazione nordcoreana a scatti rallentati sta creando problemi a Washington anche nel rapporto con gli alleati sudcoreani. La questione delle sanzioni ha creato una crepa tra Seoul e Washington. La Corea del Sud, il cui presidente Moon Jae-in ha innescato il processo di dialogo su cui poi Donald Trump s’è allineato (nonostante tra i due non ci sia troppa empatia personale) ha appoggiato la richiesta del Nord su qualche sgravo anticipato delle sanzioni, anche per muoversi su un ambizioso programma di sviluppo economico e cooperazione, compresa la costruzione di collegamenti stradali e ferroviari attraverso la loro frontiera militarizzata.


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