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Cosa c’è (e chi) dietro la guerra dei dazi tra Serbia e Kosovo

La comunità serba del Kosovo rompe con la dirigenza albanese kosovara di Pristina: è accusata di aver violato i diritti umani assieme agli accordi economici e commerciali per via dell’aumento dei dazi sui prodotti provenienti dalla Serbia.

Si arricchisce così di un’altra puntata la questione aperta tra Kosovo e Serbia, una vera e propria guerra dei dazi che si interseca con i mille rivoli di scontri e tensioni nel costone balcanico dove il riflesso del panorama socio-politico ancora per certi versi destrutturato ha precisi riverberi nella geopolitica legata alle strategie delle superpotenze.

CHE TENSIONI

Non è un fulmine a ciel sereno la violazione dei termini dell’accordo di libero scambio (Cefta) di cui il Kosovo è parte insieme ad altri paesi balcanici e dell’area europea orientale. Per cui i sindaci dei quattro comuni kosovari a maggioranza serba, Kosovska Mitrovica nord, Leposavic, Zubin Potok e Zvecan, si sono dimessi per protesta.

Non condividono l’aumento del 100% delle tasse doganali sull’import dalla Serbia e mettono l’accento sull’atteggiamento “discriminatorio e incivile” delle autorità albanesi kosovare, che tramite questa mossa di fatto lasciano i bambini serbi senza medicine e alimenti. Alla manifestazione di protesta hanno aderito anche magistrati e dipendenti della giustizia.

REAZIONI

In questo modo Pristina “reagisce” alla mancata entrata del Kosovo nell’Interpol in occasione della conferenza di Dubai, che secondo il governo sarebbe il frutto della pressioni effettuate dai serbi. Un gioco ad incastri che si complica costantemente, in una macro regione dove la convivenza tra le diverse etnie continua a manifestare difficoltà, dopo la scomposizione della ex Jugoslavia.

Basti pensare che dal 2008 ad oggi, data del distacco del Kosovo dalla Serbia, Pristina non ha goduto del riconoscimento non solo da parte dei governi di Serbia e Bosnia, ma anche di Grecia e Spagna. Il Commissario Ue agli affari esteri, Federica Mogherini, ha condannato i dazi definendoli una violazione del trattato di libero scambio Cefta. In caso di mancato ritiro dei dazi, Belgrado è intenzionata a bloccare il suo export verso il Kosovo, per un giro di affari stimato in 400 milioni di euro annui.

NUOVO ESERCITO

Pristina intanto si prepara alla creazione di un esercito in Kosovo: lo ha annunciato il presidente kosovaro Hashim Thaci, in occasione della festa nazionale delle forze armate, che punta a tramutare le Forze di sicurezza kosovare (Ksf) in un esercito a tuti gli effetti regolare. Lo stesso Thaci le ha definite “forze armate multietniche e impegnate al rispetto dei valori della nostra famiglia atlantica”, quindi come ulteriore passo verso l’avvicinamento di Pristina all’ingresso nella Nato. L’accelarata giunge dopo che il Parlamento ha dato il via libera ad una serie di leggi sull’ampliamento delle competenze delle Ksf.

Non sono d’accordo i rappresentanti della minoranza serba, che citano la risoluzione numero 1244 del Consiglio di Sicurezza Onu del 1999 e la stessa Costituzione kosovara, in cui non è prevista questa possibilità circa a creazione di un esercito professionale. Ma di contro, centinaia di serbi sarebbero già pronti ad arruolarsi, con la Croazia in prima fila per assicurare il sostegno all’iniziativa kosovara.

La risposta serba si ritrova nell’annuncio del Presidente Aleksandar Vucic di nuovi investimenti per il potenziamento delle Forze armate con elicotteri, carri armati e droni. Parole pronunciate non in un giorno qualsiasi, ma in occasione di un’ esercitazione militare per celebrare i cento anni dalla fine della Grande Guerra, con 8 mila militari, carri armati e MiG-29 donati da Mosca. Secondo Vucic “è nell’interesse della Serbia avere un Esercito forte e ben equipaggiato”.

SCENARI

Una partita a scacchi in cui, per comprendere a fondo mosse e tempistica, vanno valutati una serie di altri aspetti che intercorrono tra i due Paesi. Uno di questo tocca il caso dell’omicidio del leader politico serbo-kosovaro Oliver Ivanović, ucciso nel gennaio scorso. Pochi giorni fa tre serbi sospettati di essere coinvolti nel delitto sono stati arrestati dalla polizia kosovara che ha spiccato un mandato anche per Milan Radoičić, leader che secondo gli investigatori controlla il territorio settentrionale del Kosovo.

Ma Belgrado pensa che l’azione delle forze dell’ordine di Pristina abbiano invece solo l’obiettivo di intimidire i serbi in Kosovo e non abbia alcun leame con l’omicidio di Ivanović. Anche per questa ragione il presidente Vucic ha convocato nei giorni scorsi un vertice con i capi delle Forze armate, forze di polizia e intelligence.

twitter@FDepalo


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