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Chi è (e cosa pensa) il nazionalista Moshe Lion, nuovo sindaco di Gerusalemme

A Gerusalemme vincono gli anti-laici e perde il candidato del premier Benjamin Netanyahu: è Moshe Lion il nuovo sindaco. Nazionalista e ultra ortodosso ha vinto la battaglia (anche religiosa, oltre che politica) con Ofer Berkovicz.

Ma al di là delle fazioni in campo, delle scelte dei grandi leader e della prospettiva che adesso si apre per Lion, è Gerusalemme stessa a conferirsi il ruolo di unicum: si tratta di una città peculiare, con una maggioranza (un tempo palestinese) non più così numerosa. Infatti i palestinesi sono ora circa un terzo della popolazione registrata della città, mentre i due terzi della maggioranza ebraica sono divisi tra residenti, moderni ortodossi e ultra-ortodossi.

VITTORIA?

Sebbene il ministro degli Interni Aryeh Deri lo abbia dichiarato sindaco, pare manchino ancora i voti dei militari per avere l’ufficialità al 100%. Ma al momento per Moshe Lion non sembrano esserci sorprese. Anche se il premier Netanyahu al primo turno gli ha preferito il ministro Zeev Elkin del Likud (e poi al secondo un silenzio che sa di deferenza), a fare da ago della bilancia sono stati i palestinesi di Gerusalemme est e gli ebrei ortodossi. Hanno votato per Lion anche il ministro della difesa Avigdor Lieberman, la componente ultra-ortodossa Shas e il partito di Deri.

Il suo competitor, il 35enne Ofer Berkovitch, ha replicato passando il testimone al team dei suoi legali che starebbero indagando su presunte “irregolarità” nei seggi. Il distacco infatti è di appena 6000 voti, tuttavia i dati parlano del 51% dei voti per Lion. Ecco le sue prime parole: “Gerusalemme ha scelto l’unità, il senso dell’unione, il bene. Intendo essere il sindaco di tutti gli abitanti di Gerusalemme, chiunque essi siano, che hanno votato per me e anche di coloro che non mi hanno votato”.

CHI È

Il 57enne Lion è nato a Tel Aviv da una famiglia di ebrei originari della Grecia. Alla fine degli anni Novanta è stato capo di gabinetto dell’allora premier Benyamin Netanyahu. Poi presidente delle Ferrovie israeliane dopo aver precedentemente lavorato con l’Autorità dei porti e delle ferrovie, fino a presidente dell’Autorità per lo sviluppo di Gerusalemme.

Particolarmente attivo Lion lo è stato in occasione delle elezioni del 2013, quando ha contribuito alla coalizione di governo con il Likud e Yisrael Beitenu. Sempre in quell’anno aveva tentato la scalata al municipio di Gerusalemme, ma non riuscì a scalzare il sindaco in carica, Nir Barkat.

Cinque anni dopo eccolo riprovarci, con il fermo no al piano del governo Netanyahu di erigere una barriera che divide Gerusalemme est dal resto del la città.

NELLE URNE

Anche questa volta le comunali di Gerusalemme hanno riflettuto lo scontro tra il mondo ultraortodosso e quello laico, spostando quindi il cono di attenzione della politica sul terreno religioso. Uno dei punti più discussi alla vigilia delle urne è stato quello che riguardava le restrizioni del sabato nella capitale. Infatti mentre gli ebrei ultra-ortodossi chiedono una chiusura completa del commercio nella zona ebraica di Gerusalemme Ovest, senza deroghe per locali notturni o cinema, Berkovitch ha detto di no.

Di contro Lion, forse per non tradire l’elettorato composto prevalentemente da rabbini e politici haredi, ha promesso di costruire case per il settore ultra-ortodosso: ciò in virtù del fatto che le famiglie ultra-ortodosse in Israele hanno una media di sette bambini, quindi necessitano di più alloggi. Inoltre si è detto contrario al trasporto pubblico di sabato e ha espressamente giurato di non partecipare all’annuale Gay Pride.

SCENARI

Le amministrative di Gerusalemme giungono in giorni complessi per il premier Netanyhau con la contestazione riservatagli quando si era diffusa la notizia che il governo israeliano aveva accettato la tregua con Hamas. Infatti a seguito di un vertice fiume, i ministri israeliani hanno deciso di accettare il cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite e dall’Egitto ma non manca chi accusa il premier di aver “imprigionato” i ministri per sette ore pur di dare l’impressione che la decisione fosse unanime. Data la gravità degli episodi, aveva anche interrotto la sua visita a Parigi per rientrare in patria, dove poche ore prima aveva difeso il suo nulla osta all’ingresso a Gaza di fondi dal Qatar nonostante aspre critiche giunte anche dall’interno del suo gabinetto.

In precedenza, e in un brevissimo lasso di tempo, erano stati lanciati più di 400 missili dalla Striscia di Gaza verso Israele, per questa ragione i residenti al confine con Gaza chiedevano una dura reazione da parte dell’esercito israeliano.

twitter: ImpaginatoTw

 

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