Le scommesse sono aperte. Riuscirà l’Italia a regalarsi per Natale un accordo con l’Europa in grado di scongiurare il conto salato della procedura di infrazione (qui l’articolo odierno con l’intervento del ministro Giovanni Tria)? Qualcuno è ottimista, qualcun altro un po’ meno. Tra i primi ci sono sicuramente gli analisti di Credit Suisse, una delle maggiori banche elvetiche, che nell’ultimo Investment Outlook 2019, hanno dedicato alcuni passaggi alla situazione italiana.
Il prossimo anno l’eurozona dovrebbe ritrovare finalmente quella sintonia che lo scontro con l’Italia sulla manovra ha contribuito a frantumare, è il senso dell’analisi di Credit Suisse. “La crescita nell’eurozona dovrebbe rimanere superiore al livello potenziale nel 2019, grazie in parte a condizioni di politica monetaria ancora accomodanti. Ci aspettiamo che le tensioni politiche si calmino in certa misura. L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, prevista per il 29 marzo 2019, non dovrebbe avere ripercussioni negative significative per le due parti se gestita adeguatamente. In Germania, il riallineamento politico in atto non dovrebbe causare instabilità in quanto l’influenza dei partiti estremisti rimane limitata. Al contempo, crediamo che l’Italia e l’Ue finiranno per trovare un compromesso sul disavanzo pubblico del paese, riaffermando al tempo stesso l’appartenenza dell’Italia all’area euro”.
Un ottimismo, a dire la verità, più obbligo che scelta. Anche gli analisti del Credit Suisse sanno bene che una crisi del debito sovrano in Italia potrebbe spazzare via tutto. “Rispetto al 2007”, si legge in un altro passaggio, “nell’eurozona sono migliorati nettamente alcuni elementi di debolezza come il saldo di bilancio e il saldo dei conti con l’estero degli Stati membri. Il problema principale è però il debito pubblico elevato, soprattutto in Italia, abbinato a un tasso di crescita economica esiguo. Con la fine ormai prossima degli acquisti di titoli da parte della Bce (cosiddetto quantitative easing), la situazione del debito pubblico potrebbe peggiorare”. E, “considerata l’entità del debito italiano (circa 2300 miliardi, pari al 130% del pil), qualsiasi mossa del governo contraria alla disciplina fiscale avrebbe effetti altamente destabilizzanti pure fuori dall’Italia, anche perché le banche sono alquanto esposte al debito pubblico”.