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Cosa c’è dietro la crisi di governo in Albania

“Questa crisi non è né personale né politica. La crisi è costituzionale”. Le parole del premir albanese Edi Rama contro il Presidente della Repubblica Ilir Meta giungono nel bel mezzo di un semestre delicatissimo per le sorti dell’Albania. I colloqui di adesione con l’Unione Uuropea entreranno nel vivo non appena sarà eletto il prossimo Parlamento (maggio 2019), con in cima all’agenda di Bruxelles i possibili passi avanti compiuti da Tirana sulla lotta contro il crimine organizzato, il traffico di droga e la corruzione senza dimenticare una serie di snodi cruciali alla voce business.

LA CRISI

Nonostante non sia sua prerogativa, il Presidente della Repubblica albanese, Ilir Meta, ha rifiutato la nomina del generale dell’esercito Sander Lleshi come nuovo ministro dell’Interno. Un passaggio che ha prodotto lo scontro isituzionale con il premier Edi Rama, che ha definito la cosa “un fatto senza precedenti” perché Meta “ha violato la Costituzione”.

Il predecessore di Lleshi, Fatmir Xhafaj, si era dimesso alcuni giorni fa, innescando così uno scenario di forze contrapposte che sembra andare oltre lo scontro personale tra le istituzioni. Sullo sfondo la grande partita per il controllo dei servizi e dei vertici militari, che mette uno contro l’altro Rama e Meta affinché nessuno perda la propria influenza su nuovi dossier ancora aperti. Nel bel mezzo dello scontro ecco accavallarsi la partita per le elezioni amministrative, in qualche misura agganciata anche ai desiderata burocratici di Bruxelles relativamente alla legge elettorale.

Le prossime elezioni locali si terranno il 30 giugno 2019, ha annunciato Meta, sebbene governo e opposizione non abbiano ancora concordato la riforma elettorale, un “buco” strutturale che resta problematico perché è una delle condizioni propedeutiche ai negoziati di adesione all’Ue. Infatti, come osservato da Gunther Krichbaum, presidente della Commissione per gli affari europei nel Bundestag tedesco, senza la riforma elettorale prima delle elezioni locali del 2019, l’Albania non ha possibilità di aprire negoziati con Bruxelles. Ma dal momento che alle scorse amministrative la coalizione di sinistra guidata dal Partito socialista del primo ministro Edi Rama e dal Movimento socialista per l’integrazione (SMI) ha conquistato la stragrande maggioranza di 61 comuni del paese, il governo non sembra poi avere troppa fretta di modificare la legge elettorale.

QUI TIRANA

Il Paese delle Aquile sta vivendo una stagione decisamente nuova della sua storia. Sotto la supervisione del commissario Ue all’allargamento, Johannes Hahn, a settembre è stato ultimato il programma degli incontri fra le parti che hanno portato ad un quadro valutativo oggettivo. Tirana è più vicina all’Ue per merito di quattro elementi: l’aria “europea”, la sponda di Ppe e Pse, il dossier business legato alla caccia al petrolio nello Ionio e l’internazionalizzazione dell’ateneo di Tirana, con docenti anche italiani.

I “contro” invece si ritrovano alla voce droga e corruzione: l’opposizione è scesa più volte in piazza negli ultimi mesi per chiedere le dimissioni del governo Rama, con riferimento ad un caso di traffico di stupefacenti che ha interessato il fratello di un ministro. Nell’agosto scorso è stato rimosso un giudice della Corte suprema albanese, Artan Zeneli, perché coinvolto in una serie di irregolarità immobiliari, oltre che nella mancata comunicazione sulla privatizzazione di due fondi.

A corredo ecco il trend economico positivo, con un segno più anche nel campo dell’innovazione dove l’Albania continua a crescere, agguantando l’83esimo posto a livello mondiale nella classifica Global Innovation Index 2018. Tra l’altro nel 2019 dovrebbe essere operativa in loco la prima base Nato, nell’aeroporto di Kuçovë, 80 chilometri a sud di Tirana, dove i lavori di ammodernamento da 50 milioni porteranno ad uno scalo da utilizzare per supporto logistico e di rifornimento.

SCENARI

Ma cosa c’è in ballo dunque dietro le frizioni istituzionali? Intanto due sono i dossier particolarmente significativi che stanno interessando il Paese delle Aquile in questi mesi. In primis fare di Tirana uno Stato Bitcoin-friendly. La modifica della regolamentazione delle criptovalute serve proprio ad attrarre investitori: così nelle intenzioni del governo si vuole dar vita ad nuovo quadro normativo sulle criptovalute. L’idea è di preparare il terreno all’arrivo di Bitcoin e di altre valute virtuali che sono già legali in diversi paesi del mondo.

Il nodo però verte sul sistema albanese, che in passato è stato già toccato da problematiche relative ai call center che operavano come società di intermediazione, con il rischio di brokeraggio senza licenza e quindi ad alto rischio truffe. In secondo luogo il dossier idrocarburi: non solo l’Albania sarà attraversata dal gasdotto Tap (completato all’85%), ma già dall’inizio di quest’anno ha aperto a player stranieri a caccia di petrolio e gas nelle sue acque. Grandi compagnie petrolifere sarebbero pronte ad investire nell’esplorazione e nella ricerca petrolifera nello Ionio.

Nel febbraio scorso era stato siglato infatti un accordo con Shell Upstream Albania, per il blocco 4 situato nel sud del paese vicino ai monti Shirpag. Un investimento da 42 milioni di dollari da spalmare in sette anni. Entro la fine di quest’anno il colosso franco-olandese dovrebbe giungere alla produzione dando così uno stimolo significativo all’industria. Shell, presente in loco sin dal 2012, ha scelto di non sospendere le sue attività in Albania dopo il crollo dei prezzi del petrolio a metà del 2014.

Si stima che il paese abbia riserve di petrolio di 220 milioni di barili e riserve di gas naturale di 5,7 miliardi di metri cubi. Un buon risultato comunque, anche se in forma ridotta rispetto ad altri player più solidi come Grecia e Cipro.

twitter@FDepalo

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