Il decreto sicurezza ha passato ieri il vaglio del Senato con il tanto contestato voto di fiducia. E sebbene l’attenzione sia ormai tutta orientata sul tema delle prescrizioni, è importante restare ancora un pochino su questa legge, la quale è uno degli atti più importanti di questo governo, se non altro perché comunque si attende ancora il varo definitivo, prevedibilmente lineare, del pacchetto alla Camera.
Lo spaccato che si è avuto ieri a Palazzo Madama, a ben vedere, è stato molto eloquente, disegnando un fronte doppio di opposizione alla maggioranza gialloverde, il quale, con argomenti diversi, ha contrastato il provvedimento che interviene con forza su alcuni punti decisivi della vita dei cittadini: in specie attraverso l’ampliamento dei reati che comportano la revoca della protezione internazionale, il braccialetto elettronico, la riforma dello status del rifugiato, i rimpatri accelerati e il rafforzamento complessivo dell’ordine pubblico.
Visto da sinistra si tratta ovviamente della concreta attuazione di quanto più si contrappone alla linea tollerante in materia di immigrazione e criminalità fin qui tenuta dai progressisti, e perciò è un corpus legislativo sostanzialmente inaccettabile e sbagliato. Visto da destra, invece, siamo davanti ad un giro di vite importante sulle tutele articolate della sicurezza nazionale, tema che oggi coinvolge ampi aspetti della vita sociale, tra cui anche la gestione più stretta dei clandestini e una maggiore severità nella difesa dei cittadini da parte delle forze di pubblica sicurezza contro la crescente criminalità.
In definitiva il decreto che sta diventando legge ha a che fare con l’identità stessa della Lega e con quanto tutto il centrodestra predica da un pezzo come propria filosofia, chiamando in causa, per contro, quanto di più lontano possibile è pensabile dalla mentalità di sinistra.
Basti considerare semplicemente il tema del multiculturalismo e della creazione di spazi sociali nuovi. Una sinistra che non sostenga questo, oggi non è sinistra. Mentre una destra che non contrasti le cause che determinano proprio in tal modo l’indebolimento delle condizioni di vita e serenità dei cittadini, non è la destra.
Di qui le difficoltà del M5S, una forza politica difficilmente inquadrabile ideologicamente, ad accogliere questa sterzata reattiva, nonché la necessità di superare il problema delle possibili dissidenze interne con il voto di fiducia.
In questa ottica, nulla di anormale insomma. La maggioranza è bicolore, dunque eterogenea, e ha dovuto fare un contratto per realizzare insieme un governo del compromesso. Pertanto, è chiara la difficoltà di uno dei contraenti quando deve passare una legge più conforme allo spirito e alla dottrina dell’altro. In fondo, è lo stesso problema che adesso sollecita l’esecutivo sulle prescrizioni e prima sul reddito di cittadinanza.
Nulla di anormale, d’altronde, anche nell’opposizione al limite del possibile che porta avanti il Pd a questa norma.
Strana, invece, pare essere la linea politica di Forza Italia. In effetti, gli azzurri hanno mal sopportato fin dall’inizio la spaccatura della coalizione e il percorso avviato da Matteo Salvini con Luigi Di Maio. Silvio Berlusconi aveva tuttavia dato il nulla osta a questa fase con la precisazione che avrebbero votato unicamente i provvedimenti di legge della maggioranza condivisi nel programma elettorale originario del centrodestra. Ecco perché anche a chi non è leghista e magari non ha particolari simpatie grilline l’ostilità dei forzisti è apparsa davvero poco comprensibile. Lo slogan “sì alla sicurezza, no al governo”, sebbene efficace corrisponde ad una logica contraddittoria e sostanzialmente pregiudiziale. In discussione, infatti, qui non è il governo ma un bene di rilievo per i cittadini, la sicurezza, e un valore fondamentale per gli elettori conservatori e moderati: garantire un maggiore controllo nelle nostre città, delle nostre proprietà per facilitare il mantenimento di uno status di consolidata identità comunitaria, lesionato da tante ibridazioni pericolose.
Paradossalmente, la posizione di Fratelli d’Italia, che avrebbe voluto di più dal decreto, è più intelligibile del totale diniego in materia di politica generale, tenuto da FI, su una legge che ha una finalità specifica e valida di per sé.
Il fronte dell’opposizione diviene così sempre più consistente, ma anche sempre più marcatamente bifronte. Il poter conservare la possibilità futura di ricucire un centrodestra unito da parte di Forza Italia richiede, sondaggi alla mano, necessariamente la finalità ultima di tener aperto un filo non solo relazionale ma anche politico con la Lega. Nel nostro tempo, d’altronde, alla lunga la coerenza paga sempre, anche se costa temporaneamente.
E se nel futuro, una volta superata questa fase stranamente gialloverde, si dovesse tornare ad avere fronti politici omogenei e contrapposti, ecco che l’elettore di sinistra continuerà o tornerà a votare Pd, mentre quello di centrodestra avrà difficoltà a dare consenso a chi, nel momento della verità, fa valere più la tattica di essere visibilmente contro una coalizione alla sostanza dei contenuti di una legge di cruciale importanza per ogni conservatore.
Cosa diversa, ovviamente, per leggi assurde e assistenziali come il reddito di cittadinanza, inaccettabili per tutto il centrodestra. Certo, nessuno è sciocco: la fiducia non ha aiutato ad allargare i suffragi senatoriali. Ma se l’alternativa fosse stata magari avere un decreto sicurezza indebolito, diluito o falcidiato da emendamenti inutili, allora è molto meglio che sia andata così.
La sicurezza, infatti, per tantissimi cittadini, non solo di destra, è veramente l’urgenza prioritaria della nazione. Rinunciare a qualsiasi occasione che rende possibile rafforzarla è sbagliato sempre e in ogni caso.