Sugli F-35 non si discute. Già i tagli del passato sono stati un errore. Non si può pensare di ridurre nuovamente: per le capacità delle Forze armate sarebbe deleterio. È quanto emerge dalle parole del sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo, che in passato si era già espresso sul Joint Strike Fighter, definendo “irresponsabile” un’eventuale uscita italiana. Intervistato da La Verità, il sottosegretario in quota M5S è tornato sul punto: tagliare per guadagnare qualche voto è sbagliato; in gioco ci sono capacità operative, ritorni tecnologici, industriali e occupazionali di tutto rispetto.
GARANTIRE LA PIENA CAPACITÀ OPERATIVA
La Difesa sta ancora analizzando il dossier, in virtù di quella “valutazione tecnica” promossa dal ministro Elisabetta Trenta. Il tutto si inserisce tra l’altro nel più ampio contesto di una razionalizzazione della spesa per il settore, condita dai preoccupanti annunci di tagli arrivati a più riprese da alcuni membri dell’esecutivo. Sul Joint Strike Fighter, ha detto Tofalo, “serve una soluzione che eviti di gravare sulle finanze pubbliche in un momento di forte crisi e, allo stesso tempo, garantisca la piena capacità operativa nella difesa dello spazio aereo”. Difatti, sul caccia di quinta generazione le Forze armate hanno puntato per il futuro del proprio potere aereo. L’aereo è stato selezionato da tempo da Aeronautica e Marina, con i rispettivi capi di Stato maggiore che più volte hanno sottolineato l’esigenza di dotarsene per affrontare i moderni scenari operativi.
NO A TAGLI IRRESPONSABILI
Errori sono stati fatti, ha spiegato Tofalo: “Il programma F 35 ci vede impegnati già dal 1998 come partner di secondo livello, con tutte le limitazioni che ne derivano, in un percorso che ha portato solo nel 2015 alla costruzione di un primo velivolo operativo”. Inoltre, “il taglio meramente numerico dei velivoli (da 131 ai 90 attualmente previsti, ndr) tanto pubblicizzato dalla politica in questi anni non ha portato a un reale risparmio per le tasche degli italiani”. Al contrario, ha pesato sul ritorno del lavoro nel nostro Paese. Così, ha rimarcato il sottosegretario, “non possiamo rispondere all’irresponsabilità di chi tagliava a caso per guadagnare qualche voto con il rischio di compromettere le capacità operative del nostro Paese, interrompendo il programma in modo brusco senza un piano B”.
IL CONTRIBUTO ITALIANO AL PROGRAMMA
Un ragionamento consapevole quello di Tofalo, visto che “la delega ricevuta dal ministro sul programma F 35 mi ha permesso di accedere a documentazioni delicate, richiedo briefing e incontri con chi nella Difesa ne gestisce gli aspetti tecnici e amministrativi”. A ciò, si sono aggiunte le visite alle strutture di produzione, dove si concentra “il lavoro di centinaia di impiegati che sono diventati parte integrante di una filiera produttiva di grande complessità tecnologica”. Qualche settimana fa, il sottosegretario ha fatto visita allo stabilimento Final Assembly and Check-out (Faco) di Cameri, in provincia di Novara, in cui vengono assemblati gli F-35 italiani e olandesi, oltre alla realizzazione degli assetti alari. “L’Aeronautica, la Marina, le aziende del settore, gli ingegneri e le maestranze altamente specializzate del nostro Paese – ha spiegato Tofalo – hanno tirato su l’unico polo tecnologico europeo che può garantire determinati standard di produzione, riparazione e sperimentazione”.
LA TABELLA DI MARCIA
Certo, a prescindere dal programma F-35, una razionalizzazione delle spese per la Difesa ci sarà, e potrebbe aggirarsi intorno al mezzo miliardo. Tuttavia, ha illustrato lo stesso sottosegretario alla commissione Difesa di Palazzo Madama, “l’unico taglio effettivo concernerà la realizzazione di una struttura logistico-militare per gli uffici del ministero, indicata dalla stampa col nome di Pentagono italiano”. Poi, “non vi saranno invece conseguenze negative sul comparto industriale, perché ogni intervento di rimodulazione di spesa nel settore degli investimenti sarà infatti effettuato d’intesa con le aziende interessate”. E infatti, ha ribadito su La Verità, “nei prossimi mesi incontrerò i nostri partner”. In effetti, nell’ambito della Legge di Bilancio, “ogni ministero ha dovuto fare la sua parte”, per quanto la Difesa abbia già fatto sapere, tramite il ministro Trenta, di non voler essere trattata come il solito Bancomat per le velleità di altri dicasteri. Ad ora, è in corso l’analisi sui tanti programmi gestiti da Palazzo Baracchini. “Nei prossimi mesi – ha rimarcato Tofalo – proporremo un progetto organico che evidenzierà in quali settori abbiamo valutato di dover investire le scarse risorse disponibili e quali voci di spesa tagliare perché in contrasto con la nostra idea di sviluppo del comparto Difesa”. La speranza è che non si incida sulle capacità delle Forze armate, sugli investimenti già realizzati dal comparto industriale, né sulla credibilità complessiva del sistema-Paese.