L’intelligence di Berlino avrebbe rilevato, secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, un nuovo attacco informatico mirato a colpire gli account di posta elettronica di alcuni legislatori tedeschi, delle Forze armate nonché diverse ambasciate tedesche. Dietro l’offensiva ci sarebbe un gruppo di hacker russi noto come Snake, Uroboros o Turla.
I PRECEDENTI
L’ultimo attacco informatico, al momento oggetto di approfondimento, è stato rilevato dall’intelligence tedesca il 14 novembre, anche se alcuni dettagli sono emersi solo nelle ultime ore, ad esempio le vittime, per la maggior parte impiegati governativi e politici. Ad aprile, l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bfv), i servizi segreti interni della Germania, aveva denunciato la possibilità che pirati informatici russi fossero i responsabili di un’offensiva alle reti informatiche tedesche scoperta nel dicembre 2017. Anche in questo caso, la responsabilità era stata attribuita al gruppo Snake.
L’ANALISI DELL’EAST STRATCOM
Ma Berlino sarebbe anche al centro di diversi episodi di disinformazione, anche attraverso i social network, attribuiti sempre alla Russia. La task force contro le fake news (East StratCom Task Force), il gruppo che opera nell’ambito del Servizio di azione esterna Ue, ha analizzato in un report quelle che cataloga come fake news diffuse dopo le tensioni nel Mar d’Azov, dove la marina militare di Mosca ha bloccato il passaggio a un rimorchiatore e due cannoniere di Kiev nello stretto di Kerch, sequestrandone l’equipaggio. Secondo l’articolo del gruppo di lavoro, ad esempio “Twitter è stato utilizzato in modo così pesante” verso la Germania, “che Russia Today e Sputnik registrano una maggiore attività rispetto a media di qualità tedeschi messi assieme. Tra domenica e martedì, oltre 10mila Tweet da 3mila account hanno citato l’Ucraina, quasi tutti in relazione allo scontro nel mar d’Azov. E nonostante il largo numero di ‘tweeters’ – si sottolinea – è stato un gruppo di 30 profili a guidare la parte significativa del dibattito. I 30 account sono stati identificati come promotori di opinioni pro-Russia e di estrema destra, e in larga parte automatizzati”.
L’APPELLO DI ALINA POLYAKOVA
Di questo stesso tema che sembra toccare non solo la Germania ha parlato, in un’ottica più ampia, Alina Polyakova, esperta di Russia oggi fellow del think tank Brookings Institution e in precedenza direttore della ricerca presso l’Atlantic Council. “Sputnik”, ha twittato, “è la prima storia su Google durante quando si ricerca Stretto di Kerch (seguito da Unian e Rt). Dove sono Reuters, Ap, Nyt, eccetera? Perché questo sta accadendo costantemente? […] Abbiamo bisogno di trasparenza degli algoritmi. Adesso”.