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Comunicati come cazzotti. Genova, Autostrade e la strategia Rocky Balboa

Negli ultimi anni sono spuntati come funghi nelle Università e nelle Business School corsi di specializzazione sui temi caldi del “crisis management” e della “crisis communication”. Peccato che in quest’ambito la realtà superi sempre la fantasia. Il caso Autostrade per l’Italia ne è la riprova evidente.

La tragedia di Genova, già così straziante e scioccante sul piano emotivo individuale e collettivo, è diventata per la società dei Benetton una sorta di tempesta perfetta a causa del comportamento del primo governo populista d’Europa, che si è preoccupato finora soltanto di indicare ai cittadini il nemico da combattere e da distruggere, senza alcuna attenzione per le regole dello Stato di diritto e per le esigenze della ricostruzione.

Ma una volta bruciata la strage al rogo, sotto la cenere non è rimasto nulla: Genova è intrappolata in una condizione di minorità, in cui rischia di non avere un nuovo Ponte prima di 5 o 6 anni (o addirittura 10, se si guardano gli stanziamenti di risorse previsti dal Decreto Genova) a causa della fatwa lanciata dai grillini contro Autostrade, che invece avrebbe dovuto e potuto ricostruire in tempi rapidi. E la stessa intenzione di revocare la concessione ad Autostrade sembra essere uno slogan vuoto, una mera intenzione politico-ideologica che non ha alcuna possibilità tecnica di successo.

Nel frattempo un esercito di comunicatori, ormai più numerosi degli ingegneri, affolla quotidianamente il palazzo di Autostrade in Via Bergamini a Roma. Sono gli effetti perversi del crollo del Polcevera. L’amministratore delegato Giovanni Castellucci, gran protagonista della crescita internazionale della holding Atlantia suggellata dalla recente conquista di Abertis e il presidente Cerchiai, diventato l’unico riferimento comune della famiglia Benetton dopo la scomparsa di Gilberto, si sarebbero convinti che la partita per difendere la Convenzione si gioca sui giornali e sui social, prima ancora che nelle aule di Tribunale o nelle stanze del Ministero a Porta Pia.

E così ogni mattina al settimo piano di via Bergamini l’ufficio più affollato, quasi fosse una vera e propria war room, è quello del direttore delle relazioni esterne, public affairs e marketing Francesco Delzio, che ha affrontato mesi complicatissimi senza troppo dolersi della moltitudine di sciacalli che gli sono piovuti addosso. Anche perché Delzio, che riesce ad alternare l’impegno in azienda alle lezioni in Luiss e all’attività di editorialista su Avvenire e Prima, sarebbe diventato negli anni  il terzo lato del “triangolo di ferro” che unisce Castellucci e Cerchiai.

Sotto la regìa di Delzio, una tragedia probabilmente unica nel suo genere sul piano aziendale viene affrontata sul lato media con un modello di gestione anglosassone che prevede il supporto di alcune tra le più quotate agenzie di comunicazione – come la Comin & Partners, la Barabino & Partners e la Community di Auro Palomba – con ambiti di intervento distinti e definiti. Inoltre è stato chiamato a dare nuova linfa al team di comunicazione autostradale anche Stefano Porro, direttore delle relazioni esterne e public affairs di Aeroporti di Roma, che aveva ben figurato nella sua esperienza a Fiumicino dopo i suoi trascorsi al Ministero dello Sviluppo Economico e in Acea.

Delzio prova a mettere ordine in questo caos creativo citando spesso, secondo fonti ben informate, la strategia di Rocky Balboa: l’importante non è quanti colpi prendi, ma è la tua capacità di rimanere in piedi imparando a incassare ogni tipo di affondo, per poi mettere al tappeto gli avversari quando magari già pensano di aver vinto. Dopo la terribile e inevitabile ondata di fango dei primi giorni, la società dei Benetton ha cominciato infatti a menare fendenti al governo al ritmo del Rocky insanguinato che non cade mai a terra.

Dalla pubblicazione sul sito della Convenzione, che ha bruciato sul tempo l’analoga iniziativa del ministero, alla diffusione pubblica dell’unico progetto finora esistente per la ricostruzione del Ponte, fino alla costruzione di un importante fronte di consenso a Genova con la Confindustria genovese e i comitati degli sfollati, che continuano ad invocare a gran voce che il ponte sia ricostruito da Autostrade.

Passando per un’operazione-trasparenza realizzata sul sito della società, che ha messo a disposizione di tutti gli utenti dati, fatti e spiegazioni tecniche che smentiscono le numerose fake news circolate sul tema: il sistema è stato testato lunedì scorso, in occasione di una (non memorabile) puntata di Report dedicata alla tragedia di Genova che Autostrade ha affrontato replicando in diretta sui vari canali social alle principali accuse.

Non è giunto inaspettato, dunque, il recente annuncio del closing dell’operazione Abertis che ha trasformato Atlantia nel leader mondiale nella gestione delle infrastrutture da trasporto. Nel corso delle ultime settimane, infatti, Autostrade per l’Italia ha dato l’impressione di essere tornata a fare (bene) il suo mestiere, mostrando una vicinanza non di facciata alla comunità genovese, cercando di realizzare un fact-checking pubblico sui temi più critici, preferendo i fatti aziendali alle parole della politica.

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