Dalle drammatiche fasi del varo del governo giallo verde, all’ingorgo senza accordo sulle nomine che si trascina dall’estate e paralizza gangli sensibili della sicurezza nazionale, dalla inimmaginabile accusa di manipolazione di provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri, ai sì negati per condoni, Tap e Muos, fino al tira e molla sulla prescrizione, si sono di gran lunga superate tutte le soglie di crisi istituzionali e politiche finora vissute in 72 anni di pur travagliata storia repubblicana. Comprese le oscure parentesi del sequestro Moro, dei tintinni di sciabole e dei golpe borghesi….
Questione di settimane e la rotta di collisione sempre più marcata fra la nebulosa nazional popolare di Luigi Di Maio e dei 5 Stelle e la decisa politica populista di Matteo Salvini e della Lega, è inevitabilmente destinata a determinare l’apertura di una crisi di governo. O quanto meno l’avvio di una verifica politica seguita da un eventuale rimpasto.
Un epilogo che Salvini cercherà di rinviare a dopo il varo della legge di bilancio ed anche oltre, finché possibile, per fare esplodere tutte le contraddizioni e i disastri procedurali dell’azione di governo del vice premier e pluri ministro del Lavoro e dello sviluppo economico Di Maio. Nonché dei ministri pentastellati a lui più vicini: Toninelli e Lezzi.
Viste le ultime contorsioni non è da escludere che la crisi la apra Di Maio. Per tempi e modi potrebbe rappresentare un azzardo istituzionale e politico senza precedenti.
Ma il vice premier 5 Stelle, oltre ad essere consapevole della notevole sovraesposizione, è anche incalzato dal rientro dal sud America del sub comandante Alessandro Di Battista che, con l’aurea del Che Guevara e la benedizione di Beppe Grillo e Roberto Fico, potrebbe spiazzargli la leadership grillina.
L’orizzonte della crisi comprende anche gli assetti del centrodestra e l’elaborazione del lutto del Pd. Un epilogo che a Forza Italia e al Nazareno sarà necessario accelerare per rappresentare una credibile e concreta alternativa all’ondata della Lega e alla nebulosa dei 5 Stelle.
Mentre per Giorgia Meloni sarebbe già incardinata la candidatura al Campidoglio, il cielo sopra il centro destra berlusconiano preannuncia il diluvio dopo il Cavaliere e spinge i tanti futuri orfani di Arcore nelle braccia, e soprattutto nelle liste, della Lega. Resistono soltanto Tajani, la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati ed i capi gruppo alla Camera e a Palazzo Madama Gelmini e Bernini.
A sinistra, smarrito e diviso, ossessionato dalla sindrome della sconfitta, il Pd si ritrova essenzialmente senza un leader in grado di resuscitarlo e di fargli ritrovare ruolo e consensi elettorali.