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Lo scontro con l’Europa è stato un azzardo, ma si può rimediare. Parla Tabacci

Tabacci

Che il governo regga o meno poco importa, che il Paese non cada in una crisi recessiva senza precedenti, invece, è estremamente importante. Per evitarlo, allora, è necessario che il governo trovi un modo per dialogare con l’Unione europea, pur avendo minato il rapporto con i suoi rappresentanti spostando il dibattito su un piano politico che poco c’entra con i vincoli di cui parla Bruxelles. Bruno Tabacci, parlamentare di lungo corso che ha attraversato Prima, Seconda e ora Terza Repubblica, in una conversazione con Formiche.net analizza lo scontro tra Roma e Bruxelles dal punto di vista economico, più che politico, ma senza fare sconti all’esecutivo gialloverde in eterna campagna elettorale. “Questo governo ha sottovalutato l’impatto sul sistema economico”, ragiona Tabacci.

Stasera Conte incontrerà Juncker per parlare della manovra. Che margini di dialogo ci sono, secondo lei?

Mi auguro che ci siano dei margini, però è come se la provocazione di questi mesi avesse puntato a tagliare tutti ponti con l’Europa perché coincide esattamente con il percorso avviato da questo governo. Tra l’altro è fortemente evidenziato dall’andamento dello spread, che non corrisponde alla polemica politica come ho ricordato ieri alla Camera, lo spread sono i mercati quindi è il giudizio sulla fiducia.

Perché i mercati non si fidano dell’Italia?

La cosa comincia a muoversi esattamente il 28 di maggio di quest’anno quando ci sono le indiscrezioni sul primo programma gialloverde. Ricordo che c’era un numeretto, quello dei 350 miliardi di titoli sottoscritti dalla Bce che quella prima stesura sosteneva che si potessero anche non restituire. Si dice che l’estensore fosse Borghi, io non lo so né mi interessa, però quella parte fu poi stralciata. Nel frattempo i mercati, che non sono scemi, ma sono fatti da operatori che hanno delle antenne molto delicate che si posizionano sulle impressioni, hanno recepito il messaggio. Il problema, allora, è che idee ha questo governo rispetto al tema del debito pubblico. Sotto sotto quella impostazione faceva serpeggiare l’idea che ci fosse una sorta di deriva argentina, e questo ha spaventato. Dopo di che è stato tutto ritrattato, ma quel giorno lì siamo arrivati a sfiorare i 200 punti di spread quando eravamo a 135, e da lì è stato un continuum. Oggi siamo a 310, e nel frattempo la geografia europea è profondamente cambiata.

Cosa intende?

Davanti a noi sono passati sia il Portogallo che la Spagna, il che è tutto dire. Oggi il Portogallo è a 160, la Spagna 140 e ci stiamo pericolosamente avvicinando alla Grecia che è a 390. Non si può sottovalutarlo. Nel 2019 dobbiamo collocare circa 400 miliardi di titoli di debito pubblico. Se le aste vanno come il preannuncio di ieri noi incrociamo una crisi di liquidità. Cioè, se i 400 miliardi sono poco meno della metà del totale della spesa pubblica dello Stato italiano, se cominciamo a bucare delle aste dobbiamo continuare ad alzare i tassi, e questi tassi alzandosi si trasferiranno sull’economia reale.

Pensa che si tratti di una strategia pianificata?

Non so se si tratti di una strategia, secondo me questo governo ha sottovalutato l’impatto sul sistema economico. Ieri (alla Camera, ndr) ho fatto accenno alle parole del ministro Savona, che è stato il teorico del contrasto con l’Europa, con delle dichiarazioni forti, come “gli europeisti italiani sono degli anti italiani”. Ieri sul Corriere c’era una pagina che dice che sta valutando l’ipotesi di dimettersi…

Il ministro Savona ha però smentito in giornata.

Lasci perdere se ha smentito… Il problema dove sta? Che ha fatto delle dichiarazioni in cui affermava che con lo spread a 300 noi non resistiamo a lungo. Se le avesse fatte a maggio, queste dichiarazioni, non avrebbe probabilmente dato copertura a Salvini come invece poi è stato. Salvini gestisce la politica, la politique politicienne o la politique d’abord, non è che abbia una grande visione strategica, tant’è che lo sberleffo arriva dai cosiddetti Paesi sovranisti. Ma come gli è venuto in testa di pensare che l’Ungheria e l’Austria potessero seguirci.

Ci spieghi meglio.

L’Ungheria e l’Austria sono due Paesi fortemente intrecciati con l’ex area marco, ossia fortemente intrecciati con l’economia tedesca, quindi possono inseguire noi?

Vuol dire che l’Italia rischia l’isolamento?

No beh, non lo rischia, l’Italia è già isolata, perché dei 19 Paesi che hanno in tasca la moneta unica 18 hanno detto basta, non possiamo pagare i debiti degli italiani, quindi non è che rischia: è isolata, e non si vede neanche come potrebbe essere altrimenti. Draghi ancora qualche settimana fa aveva tentato di dire “guardate che le parole sono come pietre, state attenti, siate prudenti”, e per tutta risposta c’è stato un attacco frontale di Di Maio, ed è vero che lì la posizione di Salvini era più sfumata, ma non importa, è pur sempre la posizione del governo. Così altalentante e ambigua che invece di rassicurare i mercati li spaventa. Come ci si può fidare?

Uno scontro aperto, insomma.

Ho visto che Salvini ha risposto a Moscovici accusandolo di insultare gli italiani, ma lui ha dato dell’ubriacone a Juncker. Cosa hanno detto in questi mesi i governanti italiani delle varie figure istituzionali europee? Ne hanno detto di tutto e di più, e non hanno tenuto conto che se Di Maio e Salvini hanno la campagna elettorale in Italia, gli altri hanno la campagna elettorale nei loro Paesi.

Da una parte lo scontro con l’Europa, dall’altra la polemica politica. È tutta propaganda? Lo storico Sabbatucci ha parlato, su Repubblica, di una battaglia con l’Europa che nasconde una contesa tutta casalinga non solo tra due forze politiche, ma tra due leader. È d’accordo?

Non sono molto appassionato di questo tipo di dibattito, io guardo le conseguenze sul Paese. Che poi tra di loro ci sia competizione a me non è che interessi più di tanto. Si vede, però, come gli elettorati sono mobili, e così come sono stati mobili nel credere in loro potrebbero essere altrettanto mobili nel non crederci più. La parabola di Renzi è sotto i nostri occhi, no? 2014-2017, tre anni…

Lei è un politico di lungo corso, ha attraversato Prima, Seconda e ora Terza Repubblica. Cosa è cambiato nel sistema dei partiti?

Guardi, le rispondo con le parole contenute nell’ultimo libro di Filippo Ceccarelli, “Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua”, in particolare il sottotitolo. Ecco, stamattina in treno ne ho letto 150 pagine e sta tutto lì: c’è una differenza abissale di atteggiamenti, di qualità, di cultura politica, di competenza istituzionale.

Non si riconosce il valore delle Istituzioni?

Basta vedere le polemiche fatte contro Mattarella, Di Maio ha gridato all’impeachment. E poi si tratta di un partito che in dispregio dell’articolo 67 della Costituzione, esprime un vincolo di mandato per cui i parlamentari del Movimento 5 Stelle devono rispondere alla Casaleggio Associati. Questa del divieto del vincolo di mandato è una norma che non è solo scritta nella Costituzione repubblicana, ma origina ancora dagli albori delle grandi costituzioni parlamentari dell’800, anzi dalla fine del 700 per l’esattezza, per cui il parlamentare eletto rappresenta il Paese nella sua unità, non il collegio in cui è eletto, figuriamoci se può rappresentare lo studio Casaleggio. Io sono deputato di Milano, ma quando siedo lì non è che sono stato chiamato a rappresentare gli eletti di Milano, rappresento gli interessi del Paese. Non è molto difficile da capire.

Si tratta di ignoranza o di strategia?

Ma, non saprei, direi che un po’ ci sono e un po’ ci fanno. Aver buttato tutto in politica con l’Europa probabilmente è il frutto di un grande azzardo, hanno fatto un azzardo a pensare di essere più furbi e che avrebbero vinto loro. Ma le istituzioni non consentono questi salti così pesanti. Le istituzioni sono circondate da una sorta della cultura della terzietà per cui prima o poi si vendicano. Questo vale per le istituzioni italiane, ma anche per quelle europee. Quando sei al servizio delle istituzioni devi un po’ svestirti del ruolo del competitore elettorale, loro non sono riusciti a fare questo, sono sempre in campagna elettorale e questo mette a rischio il Paese.

Pensa che questo governo reggerà?

Può anche darsi che regga, ma non è una cosa che mi preoccupa. Dipende da dove si ferma il livello dei danni. Cioè, se adesso ci sarà un’inversione di tendenza, così come mi auguro, e cominciano a dire il contrario di quanto hanno detto finora, può darsi che allora vada avanti, ma se continuano così non si arriverà a maggio, e non perché c’è la crisi del governo, ma perché il Paese va incontro a una crisi di proporzioni gigantesche: va in recessione. La crisi finanziaria nell’arco di un tempo non lunghissimo si trasferisce nell’economia reale. Guardi che questi quattro mesi di follie hanno fatto in modo che il gioco dello spread ha avuto come effetto sulle banche il fatto che il 35% della sua base patrimoniale è stata ridotta.

Per quale ragione?

Perché avendo in pancia gli istituti bancari una quantità di titoli di Stato rilevanti, poiché il valore dei titoli incide poi sulla struttura patrimoniale della banca stessa, che è la garanzia per poter dar credito, se questo margine si riduce o si annulla o va in negativo devono fare degli aumenti di capitale. Lei ha presente cosa sta accadendo per Carige? Non è che il mercato degli aumenti di capitale è così liquido da poter pensare di intervenire comunque, quindi è ovvio che persistendo questo livello di 300, 310 punti di spread, si continua ad appesantire la struttura patrimoniale delle banche, e quindi arriverà un momento in cui non daranno più credito né ai privati, né alle famiglie, né alle imprese. Se lei va a fare il mutuo domani mattina non è come se l’avesse fatto a maggio. Sempre se glielo danno.

Ci sono margini per frenare questo processo?

Vede, i sovranisti sottovalutano il fatto che in una economia interconnessa, lo sanno anche i bambini che ora giocano con internet che l’interconnessione equivale sì a una maggiore libertà, ma anche ad un limite alla propria libertà, che è data dalle ragioni degli altri. Prima ho portato l’esempio che anche negli altri Paesi, non solo in Italia, si andrà al voto, ora dico che anche gli altri hanno in tasca la stessa moneta che abbiamo noi, almeno i Paesi dell’eurozona, e continueranno ad andare avanti, non è che ci fanno lo sconto. E non perché c’è un pregiudizio, ma se è la prima volta che si arriva alla procedura di infrazione ci sarà una ragione, no?

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