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Intesa su Gaza. Ecco come si incastrano le tessere del mosaico

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Il Qatar ha effettuato il primo pagamento a Hamas, nell’ambito di quella che è ritenuta l’intesa su Gaza. 15 milioni di dollari in contanti, portati a Gaza in contanti dal mediatore del Qatar Muhammad al-Amadi, prima tranche di un totale di 90 milioni di dollari (riporta l’Afp). Hamas può finalmente pagare i propri dipendenti, mentre annuncia che non c’è nessuna intesa con Israele, ma un accordo con l’Egitto, una “vittoria per la dirigenza”.

L’Autorità Palestinese condanna l’intesa. In un articolo pubblicato su Wafa News, so accusa Hamas di “vendere il sangue dei palestinesi”, di cedere a un “accordo con Satana”, di fare il gioco dei piani “sionisti-americani” per “minare il progetto nazionale” palestinese. A Gaza il convoglio di Muhammad al-Amadi è stato accolto a sassate da attivisti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, sostiene Hamas.

L’intesa, perseguita da Egitto e Qatar, dovrebbe prevedere l’allentamento dell’embargo e la fine delle ostilità. La settimana prossima una delegazione di Hamas si recherà in Egitto per discutere dei termini della tregua.

Israele ha poche speranze riguardo all’intesa con Gaza. Gli scontri al confine con Gaza continuano (12.000 partecipanti), e solo ieri un palestinese da Gaza si è infiltrato verso Israele e ha dato fuoco a delle serre agricole in una comunità israeliana al confine nord di Gaza. Un’iniziativa di giovani studenti israeliani delle comunità al confine con Gaza è iniziata questa settimana con una manifestazione di protesta a Gerusalemme, alla quale ha partecipato anche il presidente Rivlin. I giovani studenti chiedono al governo che si riporti la tranquillità nell’area, “perché almeno i nostri fratelli più piccoli possano vivere una vita normale che ha noi è stata negata”.

Gerusalemme pare però preferire mantenere Hamas al potere o forse pare non avere una politica strutturata. Nei mesi scorsi alcuni leader del Gabinetto di sicurezza paventavano l’ipotesi di una risposta militare più estesa per riportare la calma ai confini con Gaza, ma l’opzione militare è stata scartata. Ora Israele si accorda con il Qatar per il trasferimento di denaro a Hamas e anche per una parziale apertura dei confini marittimi di Gaza, che rimarranno comunque sotto controllo navale israeliano.

Ramallah vede il gesto del Qatar e la determinazione egiziana come una circonvenzione delle sanzioni imposte su Hamas e di sicuro indebolisce il già precario potere politico dell’Autorità, che continua la politica isolazionista (nessuno spiraglio di dialogo con Israele, boicottaggio degli Stati Uniti).

Dopo la visita di Netanyahu in Oman e della ministra della Cultura ad Abu Dhabi (visti come gesti di “normalizzazione”) Ramallah si sente ancor più isolata, abbandonata anche dal mondo arabo, e perciò guarda con sempre più speranza all’Unione Europea e alle organizzazioni internazionali perseguendo la tradizionale politica di demonizzazione e criminalizzazione di Israele. Ma anche l’Europa sta cambiando: dall’anno scorso alcuni Stati europei, tra cui Danimarca e Svizzera, hanno ridotto i finanziamenti ad associazioni palestinesi politicizzate, mentre la Norvegia ha annunciato l’anno scorso che avrebbe tagliato i fondi ad alcuni gruppi palestinesi. Anche in altri Paesi vi sono iniziative simili, e l’Autorità considera questi cambiamenti come una perdita del tradizionale sostegno incondizionato al discorso politico palestinese.

Una tregua con Hamas è di beneficio a Israele e all’Egitto, che non vuole problemi al confine sud. Una calma relativa a Ramallah è di beneficio a Israele e alla Giordania, che vede non vuole il rafforzamento di movimenti sovversivi anti-regime in nome della propaganda palestinese. Ma l’Autorità Palestinese, che si sente circondata e abbandonata, può cedere a scelte politiche estreme. Hamas, per contro, potrebbe limitarsi, nell’ambito di una tregua, a urlare invettive contro Israele, lasciando il grilletto alle altre organizzazioni terroristiche che operano a Gaza (Jihad Islamico per esempio).


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