Per un Paese con 2.300 miliardi di debito pubblico e che da almeno sette anni buoni e quattro governi insegue la spending review, crescere è un obbligo, non certo una scelta. Sempre che si voglia tenere in ordine i conti pubblici e magari a bada lo spread, autentica diga alla sostenibilità del nostro debito. Il gioco è molto semplice. Bisogna fare della spesa produttiva: soldi che portano altri soldi. In altre parole, investire.
In queste settimane si è molto dibattuto sulla scarsa capacità propulsiva della manovra gialloverde. Tanta voglia di aiutare le fasce più deboli ma poca, pochissima di favorire le piccole e medie imprese, spina dorsale del Paese. Ma soprattutto, niente infrastrutture e tanti fornitori impossibilitati a fare il loro mestiere. Qualcosa però, nelle ultime ore si è mosso.
Nell’ultima bozza di manovra approdata sul tavolo della commissione Bilancio di Camera e Senato, è stata indicata la costituzione di InvestItalia. Nella logica del governo vorrebbe essere quel veicolo con cui sbloccare tanti piccoli cantieri, per provare a dare la sensazione che la voglia di crescere c’è. In pratica, nel momento in cui l’Europa chiede con insistenza la revisione dei saldi indicati nella ex finanziaria, il governo vuole far capire che la crescita è e rimane all’ordine del giorno.
Qualche dettaglio. La nuova struttura servirà di sostegno agli investimenti pubblici e privati grazie a una dotazione di spesa iniziale di cui potrà contare nel 2019 sarà di 25 milioni di euro. Non una cifra stratosferica, ma tant’è (solo il Mose di Venezia, al netto dei suoi guai, è costato finora 8 miliardi). Investitalia, che farà direttamente capo a Palazzo Chigi, avrà tre compiti: analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali, valutazione delle esigenze di riammodernamento delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni e verifica degli stati di avanzamento dei progetti infrastrutturali, nonché elaborazione di studi di fattibilità economico-giuridico di progetti di investimento in collaborazione con il ministero dell’Economia.
Ancora, al nuovo veicolo potrà essere assegnato un contingente di personale, anche estraneo alla Pubblica amministrazione, “dotato di elevata qualificazione scientifica e professionale, individuato tramite procedure che assicurino adeguata pubblicità delle selezioni e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e la trasparenza”, recita l’apposito comma 2 dell’articolo istitutivo. Un decreto del presidente del consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Unificata, stabilirà le misure occorrenti “per realizzare un efficace coordinamento delle attività della struttura con quelle della centrale di progettazione delle opere pubbliche”.
Una lettura sulla mossa del governo l’ha fornita a Formiche.net, Luigi Paganetto, economista, presidente della Fondazione Economia Tor Vergata. “Si tratta sicuramente di un’idea interessante che va nella direzione di un Paese che vuole crescere. D’altronde, tutto quello che va nella direzione degli investimenti va bene”, spiega Paganetto. “Ma c’è un punto da chiarire. Certamente a occhio nudo 25 milioni di dotazione annuale possono sembrare pochi per realizzare infrastrutture. E infatti lo scopo del veicolo non è quello di costruire opere nel senso pieno del termine, bensì di far convergere su un determinato progetto le migliori competenze manageriali, le migliori capacità di cui questo Paese ha bisogno. Diciamo una sorta di incubatore dentro il quale veicolare progetti e competenze e risorse che poi danno vita all’opera”.